martedì 6 novembre 2012

L'invenzione della solitudine, di Paul Auster


Trovati in casa: un orologio, dei maglioni, una giacca, una sveglia, sei racchette da tennis e una vecchia Buick rugginosa che fatica a camminare. Un servizio di piatti, un tavolino da caffè, tre o quattro lampade. Statuetta da bar di Johnnie Walker per Daniel. Album familiare spoglio, Questa è la Nostra Vita: gli Auster
All’inizio pensavo che conservare questi oggetti sarebbe stato un sollievo, che mi avrebbero ricordato mio padre, facendomi pensare a lui nei successivi momenti della sua vita. Ma poi gli oggetti sono soltanto oggetti. Mi ci sono abituato ormai, comincio a sentirli miei. Guardo l’ora sul suo orologio, indosso i suoi maglioni, guido la sua auto: e tutto questo non è che un’illusione di intimità. Mi sono già impadronito delle sue cose, e mio padre è sparito da esse per tornare invisibile. E presto o tardi anche loro morranno, andranno a pezzi e bisognerà buttarle via. Dubito che sembrerà un gesto importante. 
«...qui appare giusto che solo chi lavora mangi del pane, solo chi ha conosciuto le tribolazioni trovi riposo, solo chi è sceso nel mondo degli inferi ne riporti l’amata, solo chi ha sguainato il coltello riàbbia Isacco... Colui che non lavorerà si annoti quanto è scritto delle vergini di Israele, poiché genererà vento, ma colui che lavorare vuole, genererà il suo stesso padre» (Kierkegaard). 
Oltre le due del mattino. Il portacenere colmo, una tazza di caffè vuotata e un gelo d’inizio primavera. Poi un’immagine di Daniel al piano di sopra, addormentato nel suo lettino. Basta, è ora di smettere. 
Chiedersi che farà di queste pagine quando sarà abbastanza grande per leggerle. 
E l’immagine del suo corpo dolce e feroce, al piano di sopra, addormentato nel lettino. Basta, è ora di smettere. (1979)

(L'invenzione della solitudine, Paul Auster - Einaudi, 2005)

1 commento:

  1. Una delle pagine più belle che siano state scritte,di bellezza inesprimibile.

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