giovedì 20 luglio 2017

7. Civiltà perduta (The lost city of Z), di James Gray (2016) - Eyeglass prescription - Best Film 2015/2016


7. Civiltà perduta (The lost city of Z)(2016)

L’ufficiale Percy Fawcett viene scelto della Royal Society per guidare una spedizione che ha il compito di mappare territori inesplorati in Brasile, Perù e Bolivia. Un’occasione per migliorare la condizione sociale della sua famiglia che si trasforma in una ragione di vita. Affascinato dalla giungla, Fawcett si imbarca in nuove spedizioni, nonostante le condizioni difficili e il distacco forzato dalla moglie e i figli. Nella foresta pluviale amazzonica Fawcett trova tracce di una civiltà perduta e si convince dell’esistenza di una antica e misteriosa città. La città di Z. Inizialmente deriso dalla comunità scientifica, Fawcett non si arrende. (141 min.)

Regista: James Gray
Stars: Charlie Hunnam, Robert Pattinson, Sienna Miller, Tom Holland




James Gray e la battaglia di un regista della middle-class

Quando la gente parla della scomparsa dei film mid-budget per un pubblico adulto, che ne sia consapevole o meno, parla anche di James Gray.
Gray gira film dal 1994, quando, alla tenera età di 25 anni, ha scritto e diretto Little Odessa , uno splendido e toccante dramma poliziesco ambientato a New York, sulla spiaggia di Brighton.
Pur non potendo essere più diversi, il film uscì lo stesso anno di Pulp Fiction.
Dove Pulp Fiction praticamente esplode dell'inesauribile appetito di Quentin Tarantino per la storia della cultura pop, Little Odessa è invece misurato ed esistenziale, concentrato nella tradizione di importanti maestri europei come Jean- Pierre Melville e Bernardo Bertolucci.
Gray realizzerà altri quattro film ambientati a New York: due film polizieschi, The Yards e We Own the Night , entrambi interpretati da Joaquin Phoenix e Mark Wahlberg; Two Lovers , con Phoenix e Gwyneth Paltrow; e The Immigrant, con Phoenix, Marion Cotillard e Jeremy Renner. Tutti e cinque i film appartengono a una scala di valori che oscilla tra il molto buono e il capolavoro, ma nessuno di loro sembra nemmeno suggerire che nel futuro di Gray ci sarebbe stato un film come The Lost City of Z.

L'adattamento dell'omonimo bestseller di David Grann si svolge nella giungla dell'Amazzonia e copre un periodo di 20 anni, diviso in due parti dall'avvento della Prima guerra mondiale.
Plan B, la società di produzione fondata da Brad Pitt, nel 2008, poco prima dell'uscita del libro, chiese a Gray se fosse interessato ad adattarlo. 
"Sul perché abbiano pensato di chiamarmi non ne ho la minima idea. Nulla nel mio precedente corpus di opere suggerirebbe una mia trasferta in Amazzonia, nel Regno Unito o qualcosa del genere" dice Gray.



Ma Gray è rimasto molto affascinato dal personaggio di Percy Fawcett, l'esploratore inglese che invecchia ossessionato dall'idea di una città perduta, la quale proverebbe come i nativi avessero una cultura molto più avanzata di quella che gli europei avevano, o avevano voluto attestare.
E si è scoperto che la Storia aveva tanto a che fare con le "cinture di castità vittoriane, e una cultura storica fossilizzata" come, materialmente, quella nella giungla. 

"L'esplorazione è un atto nobile, ma dentro c'è anche qualcos'altro, il voler e il dover sfuggire a ciò che ci è molto ostile, a una cultura rigida ", dice Gray. "Penso che per buona parte questo è ciò che mi ha affascinato. L'ho trovato interessante, lo comprendo, mi ci sono ritrovato in qualche modo. " 

Quando finalmente arriviamo all'argomento del film, abbiamo già passato mezz'ora a discutere della paralisi della nostra cultura.
Parliamo di come New York, il luogo in cui Gray ha ambientato i suoi primi cinque film, sia cambiata così drasticamente dalla metà degli anni '90; Gray dice che "la Brooklyn di Little Odessa è totalmente scomparsa, e che, invece gli appartamenti degli anni '20 in The Immigrant sono ancora lì, ora torreggiano sopra le boutique di John Varvatos".
Gray specifica che non è interessato a romanticizzare la città del passato dominata dalla criminalità, ma piuttosto a indagare su quello che ha portato una situazione dove, dice, un suo amico sembra essere il solo a vivere nel condominio a Central Park West, invece di utilizzarlo come investimento.

Quando discutiamo, la questione fondamentale nella mente di Gray è come il capitalismo influisca sulle nostre priorità come esseri umani.
  
"Marchiati con il debito studentesco dal momento in cui mettiamo piede in un'università, la nostra capacità di studiare per il piacere dell'apprendimento è finita; invece, siamo costretti a diventare capitalisti in erba".
Questa è la critica che ha focalizzato l'attenzione più alta durante la campagna elettorale di Bernie Sanders, e Gray si è fatto seriamente una sua idea. 

"Non abbiamo trovato un modo per monetizzare l'integrità e quando non puoi monetizzare l'integrità, o non puoi incentivare l'integrità, allora incoraggi l'individualità e implori il dio del mercato, creando una bestia molto strana che quasi si auto-divora", dice Gray. "È come se tutti fossero in debito con questo dio mercato, e nessuno sappia cosa fare".



Questo stato delle cose, naturalmente, si è esteso all'industria cinematografica.
Lost city of Z sembra, e in molti modi lo è, il perfetto esempio di film che presumibilmente non vengono più realizzati - è un'epopea nello stile di John Huston e Werner Herzog, con attori di richiamo come Charlie Hunnam, Robert Pattinson, Sienna Miller e Tom Holland, che è stato girato in esterni nella giungla su pellicola da 35mm - e il film rischiava di non essere mai fatto.
Ci sono voluti sei anni dal momento in cui Gray ha ricevuto il libro all'inizio della produzione nel 2015, e il protagonista del film è cambiato ben tre volte, passando da Brad Pitt - che è coinvolto profondamente nel prossimo film di Gray - a Benedict Cumberbatch fino a Hunnam.
Nel frattempo, Gray ha realizzato un altro film, The Immigrant , e a un certo punto si è più o meno rassegnato all'idea che Lost city non sarebbe mai stato girato.

Per un regista che opera al di fuori del sistema degli Studio, dove i film non esistono per promuovere un franchising o un universo cinematografico, ogni progetto è alla mercé del mercato, spesso dipendente da finanziamenti precari messi insieme insieme da più fonti e da un distributore che non deve assolutamente perdere interesse. Si può discutere sul perchè i finanziatori debbano rischiare per un film che non garantisce un profitto sicuro, ma comunque non è incoraggiante vivere in un mondo dove il guadagno è l'unica valida valutazione per l'approvazione di un film. E in ogni caso, basandoci sui risultati delle maggiori case di produzione, quanto è giusto e infallibile questo sistema di valutazione?

Tuttavia, più  delle circostanze che hanno portato alla sua creazione, è importante il film stesso, che incamminandosi verso il suo destino assume un ritmo decisamente insolito nel cinema contemporaneo, non promette il viaggio edificante dell'eroe, ma neanche un climax catartico. Fawcett, invece, sembra svanire nel tessuto del suo sogno. È il filmmaking come avventura: la forma si identifica al contenuto. Gray lo definisce il suo film più ambizioso, e non solo per le questioni di logistica.



Potrebbe essere ricompensato per questa ambizione. Gray pur avendo lavorato costantemente per due decenni, guadagnandosi non pochi attestati di stima e riconoscimenti, con i suoi film non ha mai esattamente fatto esplodere il botteghino. 
Solo uno, We Own the Night è riuscito a guadagnare più di qualche milione di dollari durante la sua uscita nelle sale; due hanno pagato salatamente i disaccordi con il loro distributore, Harvey Weinstein; e uno, Two Lovers , ha avuto la sfortunata e bizzarra sorte di uscire durante la fase finto- rapper di Joaquin Phoenix , che poi divenne il suo (e di Casey Affleck) gonzo mockumentary I'm still here (Phoenix avrebbe dovuto promuovere Two Lovers durante la sua leggendaria apparizione al Letterman show; Gray, sempre clemente, lo scelse anche nel suo film seguente).

Proprio come nel resto dell'economia americana, la classe dei cineasti a cui appartiene Gray è precaria più che mai.
"Sai, la gente suppone che, poiché sono un regista, guadagno un sacco di soldi. Invece finanziariamente è una lotta", dice Gray. "Ora, sono molto fortunato a fare quello che voglio fare. Ho fatto, bene o male, molti film senza compromessi, i film che esattamente volevo fare, e questo è un bel regalo, quindi non mi sto lamentando di questo. Ma io lotto. Ho difficoltà a pagare le mie bollette. Ho 47 anni, vivo in un appartamento, non posso comprare una casa. Se avessi raggiunto la maggiore età nel 1973, adesso vivrei a Bel Air.  Il vero motivo di tutto questo, dove il medium è andato a finire, è esattamente ciò di cui stavamo parlando. Quindi ora, o hai i sequel oppure: “Ho fatto un film sul mio iPhone!” In breve, questo è il sistema economico, giusto?
Cinque registi fanno Marvel, e poi il resto di noi cerca di rimediare in giro i soldi per fare film. E diventa una profezia che si autoavvera: se il pubblico va a vedere solo i film Marvel, allora vogliono solo Marvel, e se vogliono solo i film Marvel, faremo solo i film Marvel.
Non ho nessun problema con la Marvel. Il problema non è lo specifico di ogni film, il problema è che è l'unico film che ora puoi vedere in una multisala, e quando questa è l'unica possibilità, stai assistendo agli ultimi spasmi di una forma d'arte”.

Fortunatamente, The Lost City of Z non è neppure lontanamente assimilabile all'agonia di una forma d'arte. 
È grandioso, rischioso, è ambizioso in una maniera in cui i film di oggi non lo sono più, ed è bello in uno stile che raramente le opere contemporanee riescono ad elaborare. La distribuzione ad opera di Amazon in collaborazione con Bleecker Street, sia in sala che nella nuova tendenza delle piattaforme streaming, può essere una forma di rivalutazione dei film a mid-budget. Potremmo rimanere sorpresi dalla fortuna che andrà a trovare.


(articolo tratto da Vulture, Aprile, 2017, James Gray and the Struggle of the Middle-Class Filmmaker, di Kevin Lincoln - Trad. Luca Tanchis)


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La storia universale, quella scritta e quella tramandata, non ci è spesso di nessun aiuto; l'intuizione umana, invece, ci porta spesso fuori strada, ma comunque ci guida, non ci abbandona. Così, ad esempio, la tradizione relativa alle sette meraviglie del mondo è sempre stata accompagnata dalla voce che esisteva un'ottava meraviglia, anche su quest'ottava meraviglia si sono riferite cose che forse si contraddicono a vicenda, ma la cui incertezza veniva attribuita all'oscurità di quei tempi remoti.
(Gli otto quaderni in ottavo, Franz Kafka)


Ho letto e tradotto questo articolo circa un mese dopo aver visto il film di Gray, compiaciuto da come il suo punto centrale confortasse e avvalorasse le mie prime impressioni scritte subito dopo la visione di Lost City of Z.

C'è una struttura organica e omogenea nella sintassi del linguaggio cinematografico di Gray. Tutto ha la stessa chiarezza e densità, ogni parte ha lo stesso grado di profondità: dal soggetto simbolico, al verbo tramico, al complemento fotografico: è una frase compiuta e piena di senso; Gray appartiene più a un classicismo di stile quindi, che a una middle-class economica della cinematografia americana.
Un classicismo moderno americano, che parte da un paragone azzeccato, quello con John Huston, e che aggiunge in filigrana una visione lirica e letteraria rispetto a quello dell' Eastwood di Changeling, del Cimino de I Cancelli del Cielo, di Spielberg in Lincoln.
Non mi sembrano inattaccabili i paragoni con Herzog, con Apocalypse Now, Ciro Guerra e il suo, molto bello, L'abbraccio del serpente con i quali può condividere le ambientazioni ma non lo stile e i temi: anche in questo frangente, quello di Gray rimane ricco di una certa purezza e al tempo stesso sicuro; uno sguardo che si fa quasi oggettivo, preciso come un rasoio nelle inquadrature, nel montaggio, nel sonoro, nel ritmo.



Questa volta il suo canone aderisce a una storia di un secolo fa, ma così paradigmatica da raccontarci molto anche dell'uomo contemporaneo e del regista stesso.
L'ufficiale Percy Fawcett è un uomo di grandi capacità, ma irrisolto perchè non ha quella medaglia al valore che solo l'esperienza diretta in guerra, dove ogni sovrastruttura sociale è azzerata, gli può conferire. Solo in una sorta di rappresentazione virtuale della battaglia, la caccia, riesce a dimostrare le sue potenzialità. 
Inizia il ventesimo secolo e l'uomo Fawcett si trova tra la rivoluzione industriale e l'imperialismo coloniale.
Quell'imperialismo coloniale che spostava l'avventura individuale (del mercante, dell'imprenditore privato)  all'avventura di massa (quella del soldato-pionere che predispone i territori alla venuta dei suoi connazionali), e quella Grande Macchina industriale che incominciava a creare il Mercato e le narrazioni dominanti alle quali dover aderire.
Proprio come una certa Hollywood patriottica e propagandistica che costruisce un immaginario e sorregge la nascita di un industria del merchandising di robottoni e supereroi alla quale Gray non vuole appartenere.




Non solo: anche a un livello più fine e spirituale, come lasciava intravedere, in un contesto contemporaneo, la Bigelow in The Hurt Locker, ci sono un colonnello, un uomo e un regista che rifiutano uno status quo conformista per ritrovarsi in una missione e un viaggio verso l'ignoto. 
Uno spirito d'indipendenza dall'ambiente sociale, certo, ma anche l'idea chiara della necessità di una ricerca spirituale, di un autentico sepolto, una città ideale dello spirito, che sia in Amazzonia, in un Falansterio¹, in Iraq o a Jauja.
Se per l'uomo contemporaneo disegnare nuove mappe, per mancanza di spazi esperibili, è un'opera prevalentemente di cartografia interiore, per Fawcett lo specchio della giungla è lo specchio della Natura. È il confrontarsi con la realtà primigenia, non modificata dall'uomo urbano, quella con cui misurarsi senza maschere, trucchi, dispositivi. La migliore possibilità di avere un confronto con il giudizio del dio creatore.



L'epica della Giungla diventa un piano di ripristino dell'esperienza che la civiltà tecnologica ha lentamente eroso, e non è secondario l'esito delle diverse spedizioni a seconda della composizione dell'equipaggio: l'impresa è insieme individuale e collettiva. 

La prima formazione multiculturale aveva successo e produceva speranze, la seconda, guastata dal fariseismo di Murray, simbolo della società vittoriana, fallisce, la terza, legata da un vincolo d'amore ancestrale, si addentra nel Mistero.
Eppure l'atto di protesta contro un certo livellamento rimane, pur rischiando di sconfinare nel melodramma e nella retromania, prevalentemente un atto di rivolta personale.
Quella che per il Fawcett d'inizio secolo è la virile hora de la verdad: sogno, anarchia ed erotismo, per l'artista contemporaneo Gray, è invece l'emancipazione estetica del suo cinema.
Cinema come giungla, come organismo vivente in cui avventurarsi e da interpretare secondo la sua maniera: fusione di classico e moderno, parola e immagine, equilibrio dinamico dei tempi giocato sul pieno possesso di una visione complessiva.


Luca Tanchis



Note:
¹ Le Phalanstère, grande edificio destinato a una comunità autonoma di circa 1600 persone, secondo il sistema sociale pensato dal filosofo ed economista francese Charles Fourier. 
(La seduzione composta, ed. Stampa Alternativa, 2006)

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