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domenica 13 settembre 2009

Nemico pubblico n. 1 - L'istinto di morte (2008) L'ora della fuga (2009) di Jean-François Richet


Il primo capitolo di Richet, "L'istinto di morte", dedicato alla vita del più famoso criminale francese Jaques Mesrine, mi aveva lasciato perplesso sia per una messa in scena oltremodo mimetica, vicina al docufilm, sia per una regia spoglia di guizzi visionari. Inoltre la recitazione di Vincent Cassel era eccessivamente misurata, come se l'attore francese avesse il terrore di strabordare il confine della macchietta come invece faceva allegramente Gerard Depardieu, in una delle sue peggiori comparsate, nei panni del gangster Guido. Forse è stata la natura stessa del biopic a richiedere tutta questa attenzione per la ricostruzione non agiografica dell'irrefrenabile gangster, ma sta di fatto che il primo capitolo poteva essere interpretato come un mezzo passo falso, privo di elettricità e profondità, o come una fin troppo calibrata e lunga rincorsa verso la seconda parte, "L'Ora Della Fuga". Era giustificata una preparazione così manieristica, quasi parodistica nelle scenografie e costumi, così trattenuta nello scavo dei personaggi, nei riguardi della parte finale della vita di Mesrine? È fin troppo evidente la costruzione di un dispositivo a scatto che rende la prima parte quasi solo accessoria.


A vedere la vitalità registica e interpretativa de "L'Ora della Fuga" pochi sono i dubbi che permangono; il capitolo finale è oltre due ore di grande cinema d'azione. Con un Cassel imprendibile sia per la police che dalle gabbie di una possibile empatia tra il pubblico e il suo personaggio. Vincent elude questo pericolo dando prova di una consumata arte del gesto, di una grande lucidità nei confronti del personaggio, e Richet lo evita invece, screditando con chirurgica precisione le velleità pseudo-politiche di Mesrine. Quella vanagloria con la quale il gangster voleva ammantare le sue reiterate efferatezze; vestirsi da Robin Hood per trasformare, con l'aiuto dei media, il suo carnevale magalomane e anfetaminico in qualcosa di necessario. Il miglior attore francese in attività (Mathieu Amalric) e l'attrice piu sexy (Ludivine Sagner), fanno da spalla a Cassel con perfetta misura dei toni e degli spazi e Richet, pur omaggiando il polar francese di Melville, Delon e Lino Ventura (soprattutto " Le Cercle Rouge"), rende tutta la seconda parte nervosa, aggressiva, che mai indugia in un'oasi di perfetta messa a fuoco, regalandoci un personaggio sfuggente anche dallo schermo e consegnandoci, dulcis in fundo, l'esecuzione di Mesrine in una scena ordita con una sapienza stilistica che lascia senza fiato. Mesrine ( che si pronuncia Mèrin, come ripete più volte Cassel) è un uomo evaso dal carcere tre volte, sfuggito a mille agguati e inseguimenti, ma che non riuscirà ad evitare la fuga dal suo mito, dalla sua volontà di potenza. Corre incontro al suo baratro con la consapevolezza dell'istinto tragico e con l'incoscienza e la solitudine dei folli.


L'istinto di morte - Voto: 6
L'ora della fuga - Voto:8


Luca Tanchis

martedì 2 giugno 2009

RACCONTO DI NATALE (Un Conte De Noel) di ARNAUD DESPLECHIN - 2008


Il cinema bello, pulito, pacato è un inganno. Piacevole ma bugiardo. Il cinema di Arnaud Desplachin è invece un assedio, frontale e subdolo, alle spalle, ma spudorato. Pensi di guardare solo un film e invece ovunque ti volti ti devi arrendere lentamente all'Arte. Frammenti di letteratura, filosofia, musica colta e hip-hop, citazioni poetiche, scheggie di teatro e funzionali omaggi ai maestri. Un assalto organico, una sceneggiatura che si fa film e prosa nel momento stesso che si srotola sullo schermo. Senza perdere un millimetro di magia. Desplechin è il nipotino talentuoso di Truffaut, Bergman e Resnais. Soprattutto di Truffaut, dal quale assimila una maniera di girare così classica ma al contempo rivoluzionaria, la liscia fusione di generi: commedia e dramma che producono un'agra deriva imprevedibile. La trama, come da titolo, racconta di un Natale. Abel e Junon Vuillard riuniscono tutta la famiglia nella loro casa a Roubaix. La figlia maggiore, Elizabeth, madre di un adolescente problematico, da anni ha troncato ogni rapporto con l’inaffidabile fratello Henri, mentre il terzo fratello, Ivan, è sposato e padre di due bambini. Uno di loro potrebbe salvare la vita a Junon, affetta da una grave forma di leucemia che solo un trapianto di midollo è in grado di guarire. Attori straordinari e un fuoriclasse scapigliato come Mathieu Almaric, l'Henri che innerva questo canto di Natale di una famiglia alto-borghese come una variabile impazzita, un malinconico buffone a corte; un personaggio così vivo che, come ne “La Rosa Purpurea Del Cairo”, squarcia la tela e balza (cade) su un marciapiede e sulla vita, certamente quasi mai perfetta, linda e serena.
"Più si sanguina, più si dà. Queste cose, i dettagli, le storie e quant'altro, sono la pelle di cui i serpenti si spogliano, lasciandola a chiunque da guardare."
Dissolvenza circle-out in chiusura, sulle parole di "A Midsummer Night's Dream", le ombre svaniscono.


voto: 9
Luca Tanchis