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- The Cavalcade - Voices
- Quakers & Mormons - New York Town
- Sufjan Stevens - Impossible Soul (Pt.1)
- Sufjan Stevens - Impossible Soul (Pt.2)
sabato 18 giugno 2011
NU THINGS [LA RIBALTA DEL MIO iPOD] - giugno 2011
martedì 14 giugno 2011
Piattaforma. Nel centro del mondo, di Michel Houellebecq
Aumentai l'intensità dei baci. Lei venne di colpo, senza che me l'aspettassi, con un grande brivido di tutto il corpo.
"Vieni qui accanto a me... Mi sedetti sul divano. Lei si raggomitolò contro di me, poggiò la testa sulle mie cosce. "Quando ti ho chiesto cos'avessero in più di noi le thailandesi, non hai risposto; ti sei limitato a mostrarmi l'intervista di un agente matrimoniale."
"Che però diceva cose giustissime: molti uomini hanno paura delle donne moderne, perché in realtà vorrebbero soltanto una brava moglie capace di occuparsi dei figli e della casa. E un antico sogno dell’uomo, ed è ancora attualissimo, ma in Occidente è diventato quasi impossibile confessarlo; ecco perché poi vanno a sposarsi le asiatiche."
"Lo so..." Valérie rifletté un istante. "Però tu non sei così; per esempio, il fatto che io abbia un lavoro di grande responsabilità e uno stipendio alto non mi sembra che ti crei problemi o che ti faccia paura. Eppure sei la stessa persona che invece di abbordarmi ha preferito andarsene in un salone per massaggi. E questo che non riesco a capire. Cosa hanno in più quelle ragazze? Fanno davvero l'amore meglio di noi?"
Su quelle ultime parole la voce le si era leggermente incrinata; ero molto colpito, mi ci volle quasi un minuto prima di riuscire a rispondere. "Valérie," riuscii finalmente a dire, "io non ho mai conosciuto una donna capace di fare l'amore come lo fai tu; il piacere che sei riuscita a darmi in queste ore è quasi incredibile." Tacqui un istante, poi aggiunsi: "Tu non puoi rendertene conto, ma devi credermi se ti dico che sei un'eccezione. Oggi come oggi sono rarissime le donne in grado di provare piacere e disposte a darne. Ormai sedurre e fare sesso con una donna che non si conosce è quasi esclusivamente fonte di problemi e frustrazioni. Se si pensa al livello delle conversazioni che bisogna subire per portarsi a letto una ragazza, e se si pensa che nella maggior parte dei casi la suddetta ragazza si rivelerà una pessima amante, decisa a spaccarti i coglioni coi suoi problemi e ad attaccarti bottoni infiniti sui suoi ex amichetti — facendoti capire, per inciso, che non sei proprio all'altezza — e che ti toccherà per forza passare con lei quantomeno il resto della notte... be', credo che a quel punto non ci sia molto da stupirsi se tanti uomini preferiscono togliersi il pensiero sganciando una piccola somma. Appena hanno un minimo di età e di esperienza, gli uomini preferiscono evitare l'amore; trovano molto più semplice andare a puttane. Ovviamente non mi riferisco alle puttane occidentali, con quelle non vale proprio la pena, sono degli autentici relitti umani; ma non tutti possono permettersi di andare a puttane in giro per il mondo, anche perché non ne avrebbero il tempo, costretti come sono a massacrarsi di lavoro. Quindi finisce che la maggior parte di loro non fa niente; e alcuni, invece, ogni tanto si concedono un po' di turismo sessuale. E posso garantirti che si tratta dei più fortunati: fare sesso con una puttana è comunque instaurare un minimo di contatto umano. Perché poi ci sono quelli che trovano più semplice masturbarsi su Internet, o guardare video porno. Una volta che l'uccello ha sputato il suo schizzetto, si sentono in pace con se stessi."
"Capisco..." disse lei dopo un lungo silenzio "Capisco quello che vuoi dire. E. non pensi che uomini e donne possano cambiare?"
"No, non credo che le cose possano tornare indietro. Quello che succederà, probabilmente, è che le donne diventeranno sempre più simili agli uomini; per il momento, comunque, hanno ancora la fissa della seduzione; invece agli uomini non gliene frega niente di sedurre, vogliono soprattutto scopare. La seduzione è importante solo per i maschi privi di una vita professionale eccitante o di altre forme di interesse. Ma prima o poi, con l'aumentare dell'attaccamento alla vita professionale, anche le donne finiranno per trovare più semplice pagare per scopare; e anche loro si dedicheranno al turismo sessuale. Le donne sanno adattarsi ai valori maschili; certe volte devono sforzarsi, ma sono perfettamente in grado di farlo, è storicamente provato."
"Sicché, in generale, siamo messi piuttosto male." "Molto male," dissi, con cupa soddisfazione.
"E allora tu e io abbiamo avuto fortuna."
"La fortuna ce l'ho avuta io incontrandoti."
"Anch'io..." disse lei guardandomi negli occhi. "Anch'io ho avuto fortuna. Gli uomini che conosco sono una vera catastrofe; non ce n'è più nemmeno uno che creda davvero nel rapporto amoroso, sicché si mettono a fare delle gran storie sull'amicizia, sulla complicità, su tutte queste stronzate che non significano assolutamente niente. Pensa, sono arrivata a un punto tale che non riesco più a sopportare la parola amicizia, mi saltano i nervi ogni volta che la sento. Oppure ci sono gli altri, quelli che si sposano, quelli che si accasano più presto che possono e che poi pensano solo ed esclusivamente al lavoro. Tu non fai parte dì questa categoria, ovviamente, ma appena ti ho visto ho capito che non facevi parte neanche dell'altra, che non mi avresti mai parlato di amicizia, che non saresti stato così volgare. Ho sperato subito che saremmo andati a letto insieme, e che avremmo vissuto qualcosa di intenso; ma sapevo che poteva anche non succedere niente, anzi, che era la cosa più probabile."
(tratto da "Piattaforma. Nel centro del mondo" di Michel Houellebecq - Bompiani 2003)lunedì 13 giugno 2011
Edna O'Brien - Chiacchere di bottega con Philip Roth
ROTH: Nella mia prefazione al tuo libro "Un cuore fanatico" cito quello che Frank Tuohy, in un saggio su James Joyce, ha scritto su voi due: che mentre Joyce, in Gente di Dublino e in Ritratto dell’artista da giovane, è stato il primo irlandese cattolico a dare testimonianza delle proprie esperienze e del proprio ambiente, «il mondo di Nora Barnacle [l’ex cameriera divenuta moglie di Joyce] ha dovuto attendere le opere di Edna O’Brien». Quanto è stato importante per te Joyce? Un tuo racconto come “Tough Men”, che racconta il raggiro dì un bottegaio trafficone da parte di un truffatore itinerante, sembra uscito da una sorta di Gente di Dublino rurale, e tuttavia a quanto pare hai preferito non raccogliere la sfida delle sperimentazioni linguistiche e mitiche di Joyce. Che cosa ha significato Joyce per te? Che cosa hai tratto o appreso da lui? E quanto è intimorente per uno scrittore irlandese avere come precursore questo gigante della parola che ha ruminato tutto ciò che di irlandese aveva a disposizione?
O’BRIEN: Nella costellazione dei geni, Joyce è una luce accecante e il padre di tutti noi. (Escludo Shakespeare perché per Shakespeare nessun epiteto umano è sufficiente). Quando ho letto Joyce per la prima volta, si trattava di un libretto a cura di T. S. Eliot comprato di seconda mano al porto di Dublino per quattro pence. Prima di allora avevo letto pochissimi libri, per lo più lacrimosi e improbabili. Ero un’apprendista farmaceutica che sognava di scrivere. Ed ecco I morti, e una sezione del Ritratto dell’artista da giovane, che mi colpirono non solo per l’incanto dello stile, ma anche perché erano cosi fedeli alla vita, erano la vita. Poi, un bel po’ di tempo dopo, ho letto l’Ulisse, ma da ragazza non ce l’ho fatta, era davvero troppo per me, troppo inaccessibile e troppo maschile, con l’eccezione della celebre parte di Molly Bloom. Ora considero l’Ulisse il libro più divertente, brillante e complesso, e meno noioso, che abbia mai letto. In qualunque momento posso prenderlo e leggere a caso qualche pagina, e mi sento come se avessi avuto una trasfusione di intelligenza. Quanto al suo essere intimorente, il confronto non è neanche in questione. Semplicemente, Joyce è oltre, al di là di tutti noi, «le lontane Azzorre», come avrebbe detto lui.
ROTH: Torniamo al mondo di Nora Barnacle, alla visione del mondo delle Non Barnacle, quelle che restano in Irlanda e quelle che si danno alla fuga. Al centro di praticamente tutte le tue storie c’è una donna, per lo più una donna sola, che combatte l’isolamento e la solitudine, o cerca l’amore, o fa marcia indietro dopo essersi fortunosamente avventurata fra gli uomini. Ho l’impressione che tu scriva di donne senza un briciolo di ideologia, senza alcuna preoccupazione di sostenere la posizione corretta.
O’BRIEN: La posizione corretta è scrivere la verità, scrivere quello che si sente senza badate ad alcuna considerazione pubblica e ad alcuna cricca. Io credo che un’artista non debba mai sostenere una posizione, né
per opportunismo né per risentimento. Gli artisti detestano e diffidano delle posizioni perché sanno che nel momento in cui si sostiene una particolare posizione si diventa qualcos’altro: un giornalista, o un politico. Quello di cui sono alla ricerca è un pizzico di magia, perciò non intendo scrivere pamphlet o leggerli. Ho ritratto donne in situazioni di solitudine, disperazione e spesso umiliazione, molto spesso zimbello degli uomini e quasi sempre alla ricerca di una catarsi emotiva che non arriva. Questo è il mio territorio, che conosco grazie a una dura esperienza. Se vuoi sapere qual è per me il punto cruciale della disperazione femminile, eccolo:
nel mito greco di Edipo e nella riflessione di Freud su di esso, il desiderio del figlio per la madre è contemplato; anche la bambina desidera la madre, ma è impensabile, tanto nel mito, nella fantasia, quanto nella realtà, che questo desiderio possa essere consumato.
ROTH: Tuttavia non puoi non tenere in considerazione i mutamenti di «coscienza» che si dice siano stati prodotti dal movimento femminista.
O’BRIEN: Si, certe cose cono cambiate in meglio — le donne non sono un oggetto di proprietà, esprimono il proprio diritto a guadagnare quanto gli uomini, a essere rispettate, a non essere il «secondo sesso» ma nelle questioni sentimentali le cose non sono cambiate. L’attrazione e l’amore sessuale non nascono dalla coscienza, ma dall’istinto e dalla passione, e in questo uomini e donne sono radicalmente differenti. L’uomo ha ancora la maggiore autorità e la maggiore autonomia. E' biologico. Il destino della donna è ricevere lo sperma e trattenerlo, mentre quello dell’uomo è darlo, e nel darlo l’uomo consuma la propria energia, e di conseguenza poi si ritira. Mentre lei è in un certo senso nutrita, lui è all’opposto prosciugato, e per riprendersi ha bisogno di una fuga temporanea. Di conseguenza si ha il risentimento da parte della donna per essere stata abbandonata, anche se per poco; e da parte dì lui il senso di colpa per essersene andato; e soprattutto il senso di autodifesa necessario a ritrovarsi per potersi riaffermare. Perciò la vicinanza è sempre solo relativa. Un uomo può dare una mano con i piatti, e così via, ma il suo coinvolgimento è più ambiguo, e il suo sguardo più errabondo.
ROTH: E non ci sono donne altrettanto promiscue?
O’BRIEN A volte anche le donne lo sono, ma senza provare lo stesso senso di appagamento. Una donna, oserei dire, è capace di un amore più profondo e più duraturo. Aggiungerei anche che una donna ha più paura di essere lasciata. Questo vale ancora oggi. Entra in un qualunque negozio di abbigliamento, parrucchiere, palestra o mensa femminile e vedrai una quantità enorme di disperazione e competizione. La gente ha in bocca un sacco di slogan, ma sono solo slogan. Ciò che conta è quello che sentiamo e quello che facciamo. Le donne non sono più forti emotivamente di quanto siano mai state in precedenza. Semplicemente sono più consapevoli delle proprie emozioni. L’unica vera sicurezza sarebbe volgere le spalle agli uomini, staccarsene, ma questa sarebbe una piccola morte, almeno per quanto mi riguarda.
ROTH: Perché scrivi cosi tante storie d’amore? E’ a causa dell’importanza del tema o perché, come molti altri nella nostra professione, quando sei cresciuta, hai lasciato la famiglia e hai scelto la solitaria vita dello scrittore, inevitabilmente quella dell’amore sessuale è diventata la sfera di esperienza più forte a cui continui ad avere accesso?
O’BRIEN Prima di tutto credo che per me il fervore amoroso abbia rimpiazzato quello religioso. Quando ho cominciato a ricercare l’amore terreno (cioè il sesso), ho sentito che mi stavo allontanando da Dio. Rivestendosi del manto della religione, il sesso ha assunto proporzioni smisurate. E’ diventato l’aspetto centrale nella mia vita, uno scopo in sé. Sono stata molto vulnerabile alla sindrome Heathcliff /Mr. Rochester, e lo sono ancora. L’eccitazione sessuale è stata per molti versi legata al dolore e alla separazione. La vita sessuale è centrale per me, come credo per chiunque altro. Il sesso richiede un sacco di tempo, sia il pensarci sia il farlo, anche se spesso è il pensarci ad avere il posto d’onore. Per me è soprattutto un ambito recondito, che contiene elementi di mistero e di razzia. La mia vita quotidiana e la mia vita sessuale non sono un’unica cosa, sono separate. Parte della mia eredità irlandese!
ROTH: Qual è l’aspetto più difficile nell’essere una donna che scrive? In quanto donna incontri difficoltà che io come uomo non ho? E immagini che io abbia difficoltà che tu non hai?
O’BRIEN: Credo che sia differente essere un uomo ed essere una donna, molto differente. Credo che in quanto uomo tu abbia dietro le quinte della vita un intero corteggio di donne che ti aspettano: potenziali mogli, amanti, muse, infermiere. Le donne scrittrici non hanno questo vantaggio. Gli esempi sono numerosi: le sorelle Brònte, Jane Austen, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Emily Dickinson, Marina Cvetaeva. Mi pare che sia stato Dashiell Hammett a dire che non avrebbe voluto vivere con una donna che avesse più problemi di lui. Credo che i segnali che gli uomini ricevono da me li allarmino.
ROTH: Dovresti trovare un Leonard Woolf.
O’BRIEN: Non voglio un Leonard Woolf. Voglio Lord Byron e Leonard Woolf mescolati insieme.
O’BRIEN: Nella costellazione dei geni, Joyce è una luce accecante e il padre di tutti noi. (Escludo Shakespeare perché per Shakespeare nessun epiteto umano è sufficiente). Quando ho letto Joyce per la prima volta, si trattava di un libretto a cura di T. S. Eliot comprato di seconda mano al porto di Dublino per quattro pence. Prima di allora avevo letto pochissimi libri, per lo più lacrimosi e improbabili. Ero un’apprendista farmaceutica che sognava di scrivere. Ed ecco I morti, e una sezione del Ritratto dell’artista da giovane, che mi colpirono non solo per l’incanto dello stile, ma anche perché erano cosi fedeli alla vita, erano la vita. Poi, un bel po’ di tempo dopo, ho letto l’Ulisse, ma da ragazza non ce l’ho fatta, era davvero troppo per me, troppo inaccessibile e troppo maschile, con l’eccezione della celebre parte di Molly Bloom. Ora considero l’Ulisse il libro più divertente, brillante e complesso, e meno noioso, che abbia mai letto. In qualunque momento posso prenderlo e leggere a caso qualche pagina, e mi sento come se avessi avuto una trasfusione di intelligenza. Quanto al suo essere intimorente, il confronto non è neanche in questione. Semplicemente, Joyce è oltre, al di là di tutti noi, «le lontane Azzorre», come avrebbe detto lui.
ROTH: Torniamo al mondo di Nora Barnacle, alla visione del mondo delle Non Barnacle, quelle che restano in Irlanda e quelle che si danno alla fuga. Al centro di praticamente tutte le tue storie c’è una donna, per lo più una donna sola, che combatte l’isolamento e la solitudine, o cerca l’amore, o fa marcia indietro dopo essersi fortunosamente avventurata fra gli uomini. Ho l’impressione che tu scriva di donne senza un briciolo di ideologia, senza alcuna preoccupazione di sostenere la posizione corretta.
O’BRIEN: La posizione corretta è scrivere la verità, scrivere quello che si sente senza badate ad alcuna considerazione pubblica e ad alcuna cricca. Io credo che un’artista non debba mai sostenere una posizione, né
per opportunismo né per risentimento. Gli artisti detestano e diffidano delle posizioni perché sanno che nel momento in cui si sostiene una particolare posizione si diventa qualcos’altro: un giornalista, o un politico. Quello di cui sono alla ricerca è un pizzico di magia, perciò non intendo scrivere pamphlet o leggerli. Ho ritratto donne in situazioni di solitudine, disperazione e spesso umiliazione, molto spesso zimbello degli uomini e quasi sempre alla ricerca di una catarsi emotiva che non arriva. Questo è il mio territorio, che conosco grazie a una dura esperienza. Se vuoi sapere qual è per me il punto cruciale della disperazione femminile, eccolo:
nel mito greco di Edipo e nella riflessione di Freud su di esso, il desiderio del figlio per la madre è contemplato; anche la bambina desidera la madre, ma è impensabile, tanto nel mito, nella fantasia, quanto nella realtà, che questo desiderio possa essere consumato.
ROTH: Tuttavia non puoi non tenere in considerazione i mutamenti di «coscienza» che si dice siano stati prodotti dal movimento femminista.
O’BRIEN: Si, certe cose cono cambiate in meglio — le donne non sono un oggetto di proprietà, esprimono il proprio diritto a guadagnare quanto gli uomini, a essere rispettate, a non essere il «secondo sesso» ma nelle questioni sentimentali le cose non sono cambiate. L’attrazione e l’amore sessuale non nascono dalla coscienza, ma dall’istinto e dalla passione, e in questo uomini e donne sono radicalmente differenti. L’uomo ha ancora la maggiore autorità e la maggiore autonomia. E' biologico. Il destino della donna è ricevere lo sperma e trattenerlo, mentre quello dell’uomo è darlo, e nel darlo l’uomo consuma la propria energia, e di conseguenza poi si ritira. Mentre lei è in un certo senso nutrita, lui è all’opposto prosciugato, e per riprendersi ha bisogno di una fuga temporanea. Di conseguenza si ha il risentimento da parte della donna per essere stata abbandonata, anche se per poco; e da parte dì lui il senso di colpa per essersene andato; e soprattutto il senso di autodifesa necessario a ritrovarsi per potersi riaffermare. Perciò la vicinanza è sempre solo relativa. Un uomo può dare una mano con i piatti, e così via, ma il suo coinvolgimento è più ambiguo, e il suo sguardo più errabondo.
ROTH: E non ci sono donne altrettanto promiscue?
O’BRIEN A volte anche le donne lo sono, ma senza provare lo stesso senso di appagamento. Una donna, oserei dire, è capace di un amore più profondo e più duraturo. Aggiungerei anche che una donna ha più paura di essere lasciata. Questo vale ancora oggi. Entra in un qualunque negozio di abbigliamento, parrucchiere, palestra o mensa femminile e vedrai una quantità enorme di disperazione e competizione. La gente ha in bocca un sacco di slogan, ma sono solo slogan. Ciò che conta è quello che sentiamo e quello che facciamo. Le donne non sono più forti emotivamente di quanto siano mai state in precedenza. Semplicemente sono più consapevoli delle proprie emozioni. L’unica vera sicurezza sarebbe volgere le spalle agli uomini, staccarsene, ma questa sarebbe una piccola morte, almeno per quanto mi riguarda.
ROTH: Perché scrivi cosi tante storie d’amore? E’ a causa dell’importanza del tema o perché, come molti altri nella nostra professione, quando sei cresciuta, hai lasciato la famiglia e hai scelto la solitaria vita dello scrittore, inevitabilmente quella dell’amore sessuale è diventata la sfera di esperienza più forte a cui continui ad avere accesso?
O’BRIEN Prima di tutto credo che per me il fervore amoroso abbia rimpiazzato quello religioso. Quando ho cominciato a ricercare l’amore terreno (cioè il sesso), ho sentito che mi stavo allontanando da Dio. Rivestendosi del manto della religione, il sesso ha assunto proporzioni smisurate. E’ diventato l’aspetto centrale nella mia vita, uno scopo in sé. Sono stata molto vulnerabile alla sindrome Heathcliff /Mr. Rochester, e lo sono ancora. L’eccitazione sessuale è stata per molti versi legata al dolore e alla separazione. La vita sessuale è centrale per me, come credo per chiunque altro. Il sesso richiede un sacco di tempo, sia il pensarci sia il farlo, anche se spesso è il pensarci ad avere il posto d’onore. Per me è soprattutto un ambito recondito, che contiene elementi di mistero e di razzia. La mia vita quotidiana e la mia vita sessuale non sono un’unica cosa, sono separate. Parte della mia eredità irlandese!
ROTH: Qual è l’aspetto più difficile nell’essere una donna che scrive? In quanto donna incontri difficoltà che io come uomo non ho? E immagini che io abbia difficoltà che tu non hai?
O’BRIEN: Credo che sia differente essere un uomo ed essere una donna, molto differente. Credo che in quanto uomo tu abbia dietro le quinte della vita un intero corteggio di donne che ti aspettano: potenziali mogli, amanti, muse, infermiere. Le donne scrittrici non hanno questo vantaggio. Gli esempi sono numerosi: le sorelle Brònte, Jane Austen, Carson McCullers, Flannery O’Connor, Emily Dickinson, Marina Cvetaeva. Mi pare che sia stato Dashiell Hammett a dire che non avrebbe voluto vivere con una donna che avesse più problemi di lui. Credo che i segnali che gli uomini ricevono da me li allarmino.
ROTH: Dovresti trovare un Leonard Woolf.
O’BRIEN: Non voglio un Leonard Woolf. Voglio Lord Byron e Leonard Woolf mescolati insieme.
(Intervista tratta da "Chiacchere di bottega - Uno scrittore, i suoi colleghi e il loro lavoro", di Philip Roth. Einaudi 2004)
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