lunedì 25 aprile 2011

The Golden Suicides - La storia di Jeremy Blake e Theresa Duncan - di Nancy Jo Sales



Quando il 10 luglio, la quarantenne Theresa Duncan si tolse la vita e fu seguita una settimana più tardi dal suo fidanzato, Jeremy Blake, che di anni ne aveva trentacinque, i loro amici erano sconvolti e la stampa affascinata: cos’è stato a distruggere questa coppia così “glam”, stelle del mondo artistico multimediale newyorkese, ancora follemente innamorati dopo dodici anni?

In una piovosa notte di ottobre, a Washington DC, gli amici ed i familiari di Jeremy Blake si sono raccolti in una commemorazione privata al Corcoran Gallery of Art. Blake, un artista riconosciuto su scala mondiale per i suoi lussureggianti e suggestivi “moving paintings” e film digitali, aveva messo fine alla sua vita, la notte del 17 Luglio, immergendosi nell’Oceano Atlantico per non farne mai ritorno, nei pressi di Rockaway Beach, nel Queens.“Vado a raggiungere la mia adorata Theresa” aveva scritto Blake sul retro di un biglietto da visita lasciato sulla spiaggia, accanto ai suoi vestiti. Gli elicotteri della polizia l’hanno cercato per giorni nella speranza di trovarlo ancora vivo. Gli amici pregavano che lo fosse, rincuorandosi con la scomparsa del suo passaporto e il suo recente acquisto di un biglietto aereo per la Germania. Poi, il 22 Luglio, un pescatore ritrovò il suo corpo che galleggiava quattro miglia al largo di Sea Girt, nel New Jersey.La “adorata Theresa” era Theresa Duncan, scrittrice, regista, creatrice di video  games e fidanzata di Blake da dodici anni. Lui aveva trovato il suo corpo senza vita il 10 Luglio, nella canonica della chiesa di St Mark, nell’East Village di Manhattan, che la coppia aveva affittato come appartamento. Sul comodino una boccetta di pillole Benadryl, un flacone di Tylenol Pm e una coppa di champagne. C’era un biglietto che diceva “I love you all”. Theresa aveva quarant’anni. L’ultima cosa postata sul suo blog, “The Wit of the staircase”, era una citazione di Reynolds Price sulla necessità umana di raccontare e sull’impossibilità del sopravvivere in silenzio. Nessuno degli oratori alla commemorazione funebre di Jeremy disse una sola parola a proposito di Theresa. Quasi nessuno pronunciò il suo nome (proprio nel giorno del suo compleanno, il 26 Ottobre). Nessuno parlò delle sordide voci e delle basse speculazioni dei media una volta che la storia della coppi suicida divenne di dominio pubblico. Ci furono dichiarazioni a mezza voce che raccontavano che erano diventati paranoici, ossessionati da teorie di cospirazione, convinti di essere nelle mire di Scientology. Internet ci mise del suo con congetture su complotti del governo e omicidi di stato. Qualcosa nella loro storia sembrava catturare l’immaginazione collettiva, non fosse altro che per comprendere cosa potesse spingere una coppia così realizzata e affascinante a farla finita.

Solo la madre di Blake, Anne Schwartz Delibert, sfiorò l’argomento, dicendo dal pulpito che “Jeremy non è morto d’amore, ma di dolore e dell’incapacità di trovare una via d’uscita.” Dietro di lei, delle immagini scorrevano su uno schermo, sul quale si poteva intravvedere un uomo dai baffi biondi che teneva in braccio Jeremy bambino. Era suo padre, che morì di AIDS quando lui aveva 17 anni. Lei non lo nominò neanche.Nessuno parlò della loro storia d’amore. Ricordarono il suo bel  viso, il suo stile, il suo essere attraente, la sua originalità artistica. “Ha inventato qualcosa di nuovo”, disse il suo gallerista, Lance Kinz (Kinz, Tillou & Feigen, NY). Lo slide continuava con scene di gioventù di Blake girate a Takoma Park, nel Maryland, che lo immortalavano come un goffo teenager alle prese con la pittura e nell’essenza del soave e lungimirante uomo che sarebbe diventato. Poi, infine, Theresa.“Adorata” non sembra essere un’espressione sufficientemente precisa. Certo bella, sexy, carismatica. Coi suoi capelli screziati di biondo e la sua eleganza spontanea, come un’icona del cinema degli anni sessanta. La sua intensità sembrava schizzare fuori da quello schermo come un urlo di dolore, a tal punto tutti la ignoravano. Com’era possibile parlare di Jeremy senza parlare di Theresa?“Erano persone speciali” ha detto David Ross, ex direttore del museo di arte moderna di San Francisco. “Non sarei riuscito ad immaginare l’uno senza l’altra. Anche soltanto la loro presenza bastava per rendere tutto più bello, la loro riconoscenza ti faceva stare bene”.Sullo sfondo Theresa e Jeremy, abbracciati, che si guardano negli occhi. Sembravano essere a conoscenza di qualcosa di ignoto a chiunque altro, il loro amore cosmico. Ma col passare delle istantanee, nel viaggio della loro vita, da Washington a Los Angeles, a New York, cominciavano a sembrare sempre più infelici, cupi, preoccupati e stanchi.“Nell’estate del 2006 ho rivisto mio fratello dopo anni – racconta in lacrime la sorella diciottenne di Blake, Adrienne – e gli confessai di averlo trovato completamente differente da come lo conoscevo. Mi spaventò..”

Nei loro ultimi tempi, a New York, avevano cercato rifugio presso padre Frank Morales, un sacerdote Episcopaliano dalle vedute radicali che divenne uno dei loro più stretti amici ed un confidente fidato. Padre Morales è il mio ex marito. Il nostro matrimonio durò due anni, dal 2004 al 2006, fino a pochi mesi prima che incontrasse la coppia. All’indomani della scomparsa di Jeremy, Frank si presentò alla mia porta, visibilmente scosso, dicendomi che aveva bisogno di parlare. “Parlare di cosa?”, gli ho chiesto. Non lo vedevo da mesi. Cominciò a raccontarmi la storia. “L’abbiamo perso”, mi disse, parlando di Jeremy.


IL TRACOLLO
In una lettera datata 9 Agosto 2006, Sabrina Schiller, proprietaria della casa dove Jeremy e Theresa vivevano in affitto a Los Angeles, informava la giovane coppia della necessità di lasciare il suo immobile. Tutto il vicinato del pittoresco bungalow che abitavano le aveva detto di essere sul punto di ricorrere alla protezione delle forze dell’ordine.Ci fu persino una dichiarazione ufficiale in favore della loro cacciata da parte di una vicina, Katharine O’Brien, 25 anni, all’epoca fidanzata del produttore di film indipendenti Brad Schlei (Swingers, Dogtown). Qualche mese prima Schlei, collezionista delle opere di Jeremy, lo aveva incaricato di dirigere un adattamento della novella di George Pelecanos Nick’s Trip.
“La sera del 9 Maggio 2006 – racconta Katharine O’Brien – Theresa venne a casa mia e bussò alla finestra. Non appena aperta la porta mi si rivolse direttamente con questa domanda: “Io e Jeremy abbiamo fondato un club con un paio di vecchietti e ci facciamo scopare in culo, vorremmo sapere se vi piacerebbe farne parte”. Le chiesi se avesse voglia di scherzare. Lei disse di no, riformulandomi la stessa domanda. Pensai allora che stesse alludendo alla differenza di età tra me ed il mio compagno (Schlei aveva 41 anni all’epoca). Lei rispose candidamente di no, mi sorrise e andò via.“Quella notte” (notte che Jeremy passò lontano da casa e soprattutto lontano da Theresa, a dispetto delle sue abitudini) “Theresa ritornò a casa mia cinque o sei volte. A bruciapelo mi chiese se facessi parte di Scientology.. per la cronaca, non c’è nessun tipo di legame tra me e Scientology e non ne ho mai fatto parte”.
Nei mesi precedenti a quest’episodio le due coppie avevano molto familiarizzato. Schlei aveva persino firmato il giuramento di lealtà che la coppia aveva da qualche tempo cominciato a pretendere dagli amici. “Voglio soltanto che questo film arrivi al termine”, aveva confessato Schlei a degli amici. La dichiarazione di Katharine continua così: “Theresa si comportava in modo strano: si muoveva a scatti, mostrava evidenti tic nervosi agli occhi e alle mani. Continuava ad accusarmi di far parte di una cospirazione ordita da Scientology per diffamarla.. a volte la sentivo blaterare e gridare sul vialetto. L’11 maggio Jeremy ruppe il contratto di lavoro che lo legava al mio compagno, dichiarando che io ero un membro di Scientology e che i miei superiori di Santa Barbara (casa dei miei) mi avevano ordinato di infamare Theresa”. Schlei dichiarò che successivamente Jeremy gli disse di avere delle prove che Katharine era membro di Scientology, senza per altro mai mostrarle. Ancora in luglio, quando Katharine passò di là per ritirare la posta, Theresa la accolse, in uno stato terrificante,  al grido di “puttana, maledetta puttana!”


UNA VITA A ROTOLI
L’adorabile Theresa Duncan amava fare delle lunghe corse con la sua Alfa Romeo Spider bianco latte lungo la Pacific Coast Highway, ascoltando gli Steely Dan. Amava la loro musica per le storie di personaggi dalla vita difficile che le loro canzoni raccontano. Alcuni dei loro testi furono letti al suo funerale, il 21 luglio, a Lapeer, Michigan, sua casa natale.
Nel 2002, l’anno in cui lei e Jeremy si trasferirono a Los Angeles (avevano vissuto insieme a New York fin dal 1995), Theresa era sulla cresta dell’onda di un successo che perdurava ormai da sette anni. Campeggiava dal New York Times, al Washington Post, a People, con dozzine di fotografie del suo meraviglioso aspetto. Era stata per  i media telematici ciò che Jane Pratt fu per i magazines o Tabhita Soren per MTV – la più bella, la prescelta. I suoi CD-Rom, Chop Suey, Smarty e Zero Zero, andarono a ruba inventando il nuovo settore commerciale dei giochi per ragazza. Chop Suey venne premiato da Entertainement Weekly come gioco dell’anno 1995. Quando si trasferì a Los Angeles Theresa aveva un contratto con la Fox Serchlight e avava già diretto un “pilota” per Oxygen Media e creato “il mio fidanzato Jeremy Blake”, letteralmente il poster per l’edizione 2001 della mostra d’arte digitale al Whitney Museum. Quello stesso anno, Jeremy era stato incaricato da Paul Thomas Anderson di creare una sequenza onirico-allucinogena per Punch Drunk Love e il cantautore Beck gli aveva commissionato una serie di copertine per il suo album Sea Change.
Ma improvvisamente, qualcosa cominciò ad andare storto. “Sì, credo che rientrare a New York per un po’ sarebbe una buona idea” aveva scritto serenamente Jeremy ad un amico in una mail del 22 dicembre 2006, annunciando il loro ritorno. Avevano lasciato la casa di Venice due settimane dopo aver ricevuto lo sfratto, sistemandosi nel piccolo monolocale sulla spiaggia che Jeremy usava come studio. Erano a corto di denaro. Jeremy racconta come lui e la sua compagna fossero “molestati fino all’assurdo” da gente così “paranoica” da farlo “ridere”. Disse che erano stati diffamati da “pazzi di Scientology” minacciati e seguiti dai loro “sgherri” (l’organizzazione religiosa Scientology ha sempre negato ogni conoscenza della coppia). Scrisse di come New York sembrava essere l’unico posto dove stare per loro, un posto dove poter parlare con “persone eccezionali” e riprendere i loro progetti. Al contrario Hollywood, disse, era “sotto una patetica invasione dell’estrema destra” dell’amministrazione Bush e di “gruppi religiosi estremisti”. Citò alcune compagnie di media con evidenti simpatie repubblicane e aggiunse che stavano “inserendo messaggi subliminali su Cartoon Network per arruolare la gente nella CIA”. Parlò di come stesse iniziando a realizzare che il suo lavoro aveva una certa “capacità di persuadere” una grande massa senza necessitare del sostegno delle majors. “Sto cominciando a vedere tutto ciò come una cosa molto potente, quasi miracolosa. Auguri, J.B.”


LOVE STORY
Jeremy Blake e Theresa Duncan si sono incontrati per la prima volta nel 1994. Facevano entrambi parte della scena punk-rock attivista chiamata “positive force” a Washington (Think Fugazi, Bikini Kill). Lui bazzicava con la band Nation Of Ulysses, credeva nel punk come filosofia di vita. In un contesto machista-pantaloni a vita bassa. 
Lei aveva tendenza a stare dietro le quinte, vestiva trasandata. Theresa si definiva una “hausfrau” del 2000. Andava alle feste con hot pants ornati di lustrini. Il suo ragazzo era Mitch Parker, bassista dei Government Issue. “Asshole” era una delle loro canzoni. A volte avrebbe voluto tirar fuori la sua trousse e mettersi il rossetto quando qualcuno la annoiava. Si era trasferita a Washington nel 1989 per lavorare nel negozio di antiquariato di un amico di famiglia. Era una modo come un altro per scappare da Detroit, dove faceva dei lavori saltuari dopo il liceo (non finì mai l’università). Era nata a Lapeer un paesino di circa 9.000 abitanti che descrisse poi nel suo blog come “soggetto ad un’incredibile noia e disseminato di intrighi sociali dall’aria barocca”. Mimi Smartypants, la star del suo video gioco Smarty, era lei. 
“In Luglio – scrisse – mio cugino mi diceva che l’acqua del lago era senza fondo così nuotavo soltanto lungo la riva; allo stesso tempo ho imparato a tuffarmi in profondità nella biblioteca di Lapeer, sospettando che anche quella fosse una discesa senza limiti.. così ho scoperto tutte le sfumature tormentate dell’essere catturati dalle parole degli altri. E per questo, mi davano della matta”. Le sue conversazioni trattavano sempre di “cinema, filologia, Vietnam, reperti di guerra, essenze rare e discontinue – elencava nel suo blog alla voce “interessi” – e vicende a proposito di oscuri personaggi storici come “il proprietario del pene di Napoleone” (il cadavere dell’imperatore venne realmente così mutilato) o il “piccolo torero spagnolo Manolete, che morì tragicamente nell’arena un giorno del 1940”.
Era cresciuta in una casa su una strada sterrata. Quand’era piccola, sua madre, Mary, era commessa in una drogheria; suo padre, Donnie, era operaio. Un amico disse che “le erano capitate cose molto butte” con gli uomini; pensava che ogni uomo avesse intenzione di possederla. Ma non lo mostrò mai. La gente diceva che era la persona più sicura di sé al mondo. Voleva essere famosa. Voleva essere notata. Jeremy voleva essere un eroe. “Mi piaceva leggere di gesta eroiche e i costanti dilemmi etici dei personaggi dei fumetti della Marvel sembravano parlarmi direttamente”, dichiarò in un’intervista. “Sono stati per me i precursori dei dischi punk, non mi sento mai abbastanza cresciuto per loro”. Disse ad un amico di aver preso spunto e modellato la sua personalità sul Chevy Chase di Caddyshack e Han Solo di Guerre Stellari. Alcuni lo definivano snob, nel bere i suoi Manhattans e fumare le sue Nat Sherman, finchè non realizzavano che invece era un artista divertente e timido. 
Lui la faceva ridere. Si trasferirono a New York entrambi nel 1995 e si incontrarono casualmente nel backstage di un concerto al Knitting Factory, lo stesso anno. Lei era “bionda da resuscitare i morti” diceva Jeremy. Questa era la ragazza di Washington, quella stessa che ora era famosa, tutti parlavano di lei. Come aveva fatto? Sangue freddo. Era una receptionist in una compagnia di CD-ROM , la Magnet Interactive, quando entrò nell’ufficio del boss con uno schizzo realizzato dal suo collega che sarebbe diventato il suo partner. Lui aveva 23 anni, lei 28. Iniziarono a parlare e non smisero mai. Lui la trovava adorabile. Lei era un tantinello selvaggia (non sessualmente, era più che riservata da quel punto di vista. Era intellettualmente selvaggia). E Jeremy amava ciò nelle persone. “Quando dico selvaggia non intendo una sciocca idea di eccesso rock’n’roll” diceva, “parlo di turbolenza interiore, inventiva, che lascia col fiato sospeso ogni persona le graviti intorno”.
Era combattiva. Faceva capire agli altri che c’era una linea che con lei non dovevano oltrepassare. Lui lavorava come ritoccatore di foto quando si misero insieme. Si era appena laureato a Cal Arts, non aveva idea di cosa volesse fare “da grande”, sapeva solo di voler fare “arte”. La fama e la gloria non gli interessavano; voleva cambiare il mondo, raccontare storie attraverso la sua arte per combattere il razzismo, le disuguaglianze sociali, la violenza. Aveva senso tutto ciò? Per lei, sì. Lei lo assunse come illustratore ed art director da Nicholson, a New York, una nuova azienda con uffici nel Puck Building. Crearono Smarty nel 1996. Lui adorava creare le immagini della biondina intelligente coi grandi occhi scuri. Nel 1997 uscirono sul mercato con Zero Zero. “Erano ognuno la musa dell’altro” disse un amico.Lui amava il loro stile di vita, a partire dall’appartamento a Broome Street – era come una proiezione del complicato cervello di lei, pieno di tutte le sue cose bizzarre. Lui la stuzzicava, la chiamava “Tucky”, da Tucky lo scoiattolo, la mascotte pubblicitaria di una compagnia di locazione di spazi di stoccaggio. Lei comprava e raccoglieva oggetti come una gazza ladra.
Gli piaceva che frequentassero persone interessanti, si circondavano di artisti, musicisti, scrittori, produttori, spesso ubriachi, fatti, divertiti e mai davanti alla televisione. Lei cominciò a promuoverlo. Come con qualsiasi altra cosa che avesse fatto, ci mise anima e cuore, facendo conoscenze nella New York degli espositori d’arte, (Andrea Rosen, Bronwyn Keenan). D’improvviso i suoi lavori furono esposti dappertutto. Si stava facendo conoscere.
La sua sicurezza era contagiosa. Tutto era così “punk”. Ispirato, Jeremy cominciò a contaminare la sua arte con le nuove tecnologie. Lavori di tendenza attuale, film in slow-moving “Difficili da rinchiudere un una categoria.. e questo è il divertimento!” diceva. “Credo di aver inventato una nuova e più poetica Pop Art che mescola elementi popolari e noir”. 
La sua prima soggettiva, a New York e Los Angeles, nel 1999, spazzò via chiunque altro.
Lei lo faceva sentire libero e questo lo faceva essere fedele. Jeremy sentiva profondamente la lealtà, dicevano gli amici, forse qualcosa che aveva a che fare con la scomparsa del padre. Nessuno sapeva per certo; la sola cosa che sicura era che Jeremy e Theresa si amavano. “Dove vorresti essere quando il Big One colpirà?” le chiese una volta una giornalista. “Addormentata, tra le braccia di Jeremy” fu la risposta.


È TUTTO NELLA TUA MENTE
Fu La storia del Glamour – il sagace cortometraggio che Theresa fece durante il suo periodo da Nicholson – a far sì che Hollywood la notasse. Il film, la storia quasi autobiografica dell’ascesa di una giovane indie-rocker, presentato nel 2000 alla Biennale di Whitney, pietra miliare nella sua carriera (il film aveva  Jeremy tra i collaboratori). 
Sembra impossibile, a vederlo ora, che Theresa abbia mai potuto anche solo pensare al suicidio. Il suo film è carico di sarcasmo ed ironia ed è un efficace monito contro la vuota ricerca di fama e l’influenza corruttrice dell’ambizione. Ironicamente però, l’esposizione mediatica che ne ricevette la rese soltanto più assetata di gloria. “Ho cominciato a pensare a noi come qualcosa di molto simile alla Warhol factory” aveva dichiarato su Salon a proposito del suo team di creativi.Ma ad Hollywood nessuno diventa Warhol, nemmeno Warhol stesso. “Sembrava un po’ ingenua rispetto all’ambiente” disse di lei Malcom McLaren, impresario dei Sex Pistols. “Era arrivata con la speranza che la gente la stesse ad ascoltare, ma qui sei tu quello che deve ascoltare”. Per due anni, dal 2002 al 2004, lottò per vedere realizzato il suo Alice Underground, chiedendosi come fosse possibile che le cose non andassero altrettanto bene e celeri come al tempo dell’industria di video giochi, dove era stata un lampo improvviso. Alice Underground, la storia di una rockstar sequestrata da due ragazzine newyorkesi (con reminiscenze di TheWorld of Henry Orient) era originariamente parte del progetto con la Fox Searchlight. Theresa voleva creare un film più complesso e costoso di quanto la produzione avesse previsto, con nomi altisonanti nel cast. Già dal 2003 raccontava che Beck le aveva promesso di recitare nel suo film. “Ho incontrato Beck diverse volte, per discutere del film” scrisse ad un’amica via mail. “Non ci siamo mai incontrati a proposito del suo film” dichiarò Beck in un’intervista per Vanity Fair. “Probabilmente ho letto il copione, ma non ho mai deciso ne’ proposto di partecipare al film”. Il rocker postmoderno descrive i suoi rapporti con la coppia come “conoscenze saltuarie”. “Ho conosciuto Jeremy nel 2002, durante la lavorazione grafica di Sea Change – disse – dopodiché credo di averlo incontrato un paio di volte per caso.. abbiamo scambiato qualche e-mail occasionale. Non ne avevo più notizie dirette dal 2004”. Nel mentre Theresa spediva agli amici fotografie di lei e Jeremy in relax sulle spiagge di Malibu con Beck e sua moglie, Marissa Ribisi (sorella gemella dell’attore Giovanni Ribisi), all’epoca incinta, e che diede alla luce il loro primo figlio, Cosimo, proprio in quell’anno 2004. Theresa raccontò che i rapporti con Beck e signora si interruppero improvvisamente quando lui la chiamò per rinunciare improvvisamente alla parte nel suo film, senza fornire alcuna spiegazione. “Le dissi che recitare non era tra i miei progetti immediati, specie con un album in uscita, le date del tour già stabilite ed un figlio in  arrivo.. un film non era fattibile”. Theresa sembrava sempre più frustrata e ferita dal ritrovarsi in un’altra situazione di stallo, nonostante tutti gli sforzi fatti per la produzione del suo film. Cominciò a ventilare delle vaghe accuse all’organizzazione spirituale Scientology. L’adesione di Beck a Scientology non fu di dominio pubblico fino al 2005, anno in cui egli stesso la rivelò in un’intervista al New York Times, tessendo le lodi della setta per il lavoro svolto coi bambini in difficoltà e coi tossicodipendenti. Anche sua moglie Marissa e il padre di Beck, il musicista David Campbell, appartengono all’organizzazione religiosa.
Secondo Theresa, nei due anni di frequentazioni tra le due coppie, Beck avrebbe loro espresso la volontà di volersene allontanare. Theresa e Jeremy lo incoraggiarono e gli proposero di aiutarlo. “E’ ridicolo, completamente falso” – “Se fossimo stati abbastanza intimi da discutere di argomenti personali come la spiritualità o la religione, non avrei avuto che giudizi positivi su Scientology” Ha dichiarato Beck. Alla fine del 2006 Theresa scrisse in una mail ad un’amica: ”[Beck] ha provato in tutte le maniere ad uscirne.. ..mi ha detto di volere disperatamente lasciare la setta.. e questo è quello che fanno quando qualcuno lo scopre..” scrisse, facendo riferimento ai sospetti di essere lei ed il suo compagno già vittime  di una congiura condotta dalla Chiesa fondata da Hubbard. “Non ho mai sentito nominare queste persone” è stata la laconica dichiarazione al Los Angeles Times di Karin Pouw, portavoce di Scientology.” “Ce l’hanno con noi perché vedono che la nostra vita non è la spazzatura sex-trash delle star del loro Celebrity Center” scrisse Theresa. Se le corrispondenze di Theresa possono essere considerate falsate alla luce di una paranoia crescente, il Celebrity Center di Scientology è una realtà esistente. Situato, secondo il sito dell’associazione, in un castello di Hollywood, accoglie le star affiliate alla setta, che notoriamente include anche gli attori Tom Cruise e John Travolta, entrambi cospicui finanziatori dell’organizzazione (Scientology dichiara di avere all’incirca 10 milioni di membri al mondo). Di Beck invece un suo rappresentante ha detto di non sapere se la sua fosse una partecipazione soltanto spirituale o se effettivamente contribuisse anche finanziariamente. Con “sex-trash” Theresa voleva forse alludere al fatto, mai confermato ma spesso rumoreggiato, che Scientology  “fidelizzerebbe” i suoi adepti dietro la minaccia di rivelazioni pubbliche sul loro passato sessuale. Ciò che è dato sapere è che la Chiesa obbliga i suoi membri ad audizioni regolari nelle quali estrapolano le loro paure, segreti e colpe, in un intento di “purificazione”. L’organizzazione ha recentemente ammesso che le registrazioni e le trascrizioni degli auditori di questa sorta di “confessioni” sono conservate in dossier altamente confidenziali.È anche vero che Theresa e Jeremy, per quanto squilibrati divenissero, non erano certamente i primi a dichiarare di essere molestati da Scientology. C’è un’ importante letteratura giornalistica al riguardo, incluso un premiatissimo articolo del Time del 1991 intitolato “Il fiorente culto dell’avidità e del potere”, di Richard Behar che definì Scientology come “un vasto racket di profitto che sopravvive con i metodi dell’intimidazione tipici delle organizzazioni mafiose”. Scientology citò Behar, il Time e la Time Warner per diffamazione a mezzo stampa dopo la pubblicazione del pezzo. Dopo dieci anni di battaglie legali, nel gennaio 2001, la corte d’appello statunitense si espresse in un verdetto che sosteneva che non vi fosse reato di diffamazione in quanto Behar aveva svolto una regolare inchiesta per documentare il suo articolo. L’articolo includeva un resoconto di come undici membri primari, compresa L.Ron, fondatrice della setta nonché moglie di Hubbard, fossero stati arrestati nei primi anni ’80 per aver ostacolato le indagini di oltre cento agenzie private e governative, tramite infiltramenti, scassinamenti e intercettazioni telefoniche. Nel suo Manuale della Giustizia del 1959, Hubbard scrisse: “ La gente attacca Scientology, io non me ne dimenticherò. La gente attacca gli auditori, lo staff l’organizzazione, me medesimo. Io non dimenticherò finché tutto non sarà cancellato”.

La cover di Sea Change di Beck ideata da Jeremy Blake
OSSESSIONE 
Niente di ciò che Theresa e Jeremy hanno detto può essere provato, e probabilmente niente è vero, ma è senz’altro vero che a partire dal 2004 cominciarono a sentirsi braccati. “Ebbi l’impressione che fossero veramente preoccupati” disse un amico. “Non erano solo strambe conversazioni da party, c’era una genuina paura nelle loro parole. ”Tutto cominciò, dissero, con continue telefonate nel cuore della notte. A volte la persona dall’altra parte del telefono si limitava a riagganciare, altre volte dicevano delle frasi del tipo “hai fatto degli incontri interessanti oggi?”. Poi c’erano dei tizi, raccontò Theresa, che si mostravano davanti alla loro casa di Venice Beach, fermi sulla strada a guardarli o seduti in macchina. Lei cominciò a scattare delle fotografie delle targhe delle automobili, tutte provenienti da altri stati . Diventò un’ossessione. Scattò centinaia di foto. Disse che una volta un uomo le si avvicinò mentre passeggiava col loro piccolo yorkshire, e le disse: “ma che cagnetto simpatico! Sarebbe proprio un peccato se gli succedesse qualcosa..”. Dissero di aver trovato un gatto morto sul tetto di casa. Theresa era terrorizzata e Jeremy voleva proteggerla. “Sentivo che, almeno all’inizio, qualcosa di vero doveva esserci” disse Raymond Doherty, un amico della coppia e ex fidanzato di Theresa. “Le credevo. Le credo ancora. Non era mai stata paranoica prima di tutto questo. Ma Jeremy mi scriveva “Si rimetterà presto, tutta questa storia finirà nel nulla”. Non fu così. Almeno non nella mente di Theresa. Era così convinta di quello che stava accadendo che arrivò al punto di contattare una reporter del Los Angeles Times pregandola di scrivere un articolo su tutto ciò (la giornalista non le rispose). Cominciò a pensare di non poter fidarsi più di nessuno, che tutti fossero sospetti. Come potevano sapere così tanto di loro queste persone che li spiavano? Si convinse che avessero degli informatori. Il suo comportamento divenne viepiù stravagante, rovinando le loro relazioni con gli amici e negli affari. Lui la difese sempre, quando non manifestava eccessi di paranoia di suo.Nel 2005, durante una mostra al Sister Art Gallery di Los Angeles – di proprietà di Katie Brennan che aveva esposto i suoi lavori dal 2004 – Jeremy si rivolse ad un regista che aveva spesso lavorato con lui gridandogli “Ridammi la mia fottuta arte!” (il regista era in possesso di un DVD con alcuni suoi lavori che aveva dimenticato di restituirgli). Christine Nichols, proprietaria di un’altra galleria di Los Angeles, la Work on Papers Inc., era diventata intima amica della coppia dopo aver esposto le opere di Jeremy in numerose mostre tra il 1998 e il 2001. Poi, nel 2005, i due l’accusarono di essere l’autrice di un’imbarazzante mail circolata tra i loro amici, cosa che la Nichols ha sempre negato. Al party del 4 Luglio della Brad Schlei’s House, Theresa le gridò contro inviperita, strattonandola. Da quel momento in poi, ad ogni incontro eventuale, Jeremy finse di non conoscerla.“Theresa e Jeremy si nutrivano l’un l’altra” Ha detto lo sceneggiatore Ed Shearmur (Charlie’s Angels, Factory Girls). Shearmur e sua moglie, Alli, ex co-presidentessa della Paramount Pictures, erano avidi collezionisti delle opere di Jeremy. “Aveva una magnifica, accecante qualità artistica visiva. Ne ero ipnotizzato”. 
Alli era stata anche una fervente sostenitrice del film di Theresa presso la Paramount, una volta che la produzione con la Fox non andò in porto. "Theresa prese sul personale il fatto che il progetto non vide la luce, nonostante tutti  gli sforzi che Alli aveva fatto per sostenerlo” disse Shearmur. Poi Theresa cominciò ad inviarle mail veramente cattive e Alli li sentiva minacciosi nei suoi confronti. Abbiamo interrotto i rapporti con loro circa un anno fa”. I pochi amici che rimasero alla coppia erano continuamente sottoposti a vere e proprie arringhe a casa della coppia sulle loro presunte molestie subite da parte di Scientology. Jeremy scrisse un documento di denuncia di 27 pagine che intendeva utilizzare come base per eventuali azioni legali contro l’organizzazione. 
In esso Tom Cruise è accusato di aver affossato il progetto del film di Theresa presso la Paramount, cosa che Cruise ha sempre negato. L’agente di Theresa, Renée Tab, disse che il film venne tagliato a causa del budget. Theresa scrisse pagine e pagine sul suo blog, aperto nel 2005, sulle persone che accusava di essere coinvolte in complotti della CIA e cospirazioni dell’estrema destra: una ex di Jeremy, Anna Gaskell, che gli aveva spezzato il cuore e Reza Aslan, una compagna di college musulmana di cui era stata amica. Evidentemente, le due hanno negato ogni addebito. È risaputo che l’opera più celebrata di Jeremy, The Winchester Trilogy del 2004, è uno studio sulla follia femminile, sulle sue ossessioni consumistiche e paranoiche. A Sarah Winchester (1839-1922), erede della fortuna dell’omonima casa produttrice d’armi, disperata a causa della perdita del marito e della figlia, venne detto da un medium di recarsi in California e costruire una casa gigantesca per calmare gli spiriti di tutte le persone morte a causa delle diaboliche armi costruite dalla sua famiglia. Cosa che fece. La casa dei misteri Winchester, oggi un’attrazione turistica di San José, California, fu costruita durante 38 anni lavori, ha 160 camere, 40 scale, 950 porte e 10.000 finestre. “Il mio interesse in quel caseggiato – disse Jeremy – è radicato nel fatto che quella costruzione è più di un monumento alle eccentriche paure di una persona, è il risultato di stratificazioni narrative storiche e sociali”.

Winchester Redux, by Jeremy Blake from Aktionsart on Vimeo.

SANTUARIO
La sua sedimentazione di sentimenti invece era all’eccesso quando, a metà gennaio del 2007, Theresa e Jeremy si trasferirono nella canonica della chiesa si St. Mark, a New York, simpatizzando immediatamente con Padre Morales. Frank Morales, 58 anni, è un attivista di lunga data dell’East Village, riconosciuto leader del movimento squatter newyorkese degli anni ’80 e ’90. Negli ultimi dieci anni, si è reinventato giornalista, investigando su quelle che lui chiamava “i panni sporchi del Pentagono” e la “militarizzazione della polizia”. È stato vincitore di due premi molto discussi da parte dell’università di Sonoma State per “Le notizie che non fanno notizia” e più recentemente per il suo lavoro “ Bush va verso la legge marziale”, del 2006.In breve, è il Fox Mulder della sinistra radicale, un uomo al cospetto del quale i teoreti della cospirazione appaiono come ciclisti della domenica.
“Le mie paranoie immaginarie hanno della realtà”, dice di solito, scherzando a metà.
Quando Theresa e Jeremy tornarono a New York nel Gennaio del 2007, Theresa desiderava fortemente di avere l’appartamento nella canonica. Aveva allo stesso tempo una meravigliosa vista sul giardino della chiesa e un’aria un po’ spettrale, a metà tra Allan Poe e Houdini. Durante un incontro coi più attivi frequentatori della parrocchia Theresa parlò animatamente dei traguardi raggiunti  da lei e Jeremy. Jeremy invece non parlò granché. Lei non fece cenno al perché avevano lasciato la loro ultima residenza e i presenti apparentemente non indagarono più di tanto sul loro passato. C’era solo un problema: non avevano l’aria di navigare nell’oro e l’appartamento costava 5.000 dollari al mese. (Successivamente i due presero in prestito del denaro dai loro familiari). Ma Morales che intravide nei due il tipo di persone che a lungo avevano frequentato la chiesa, da Warhol a Allen Ginsberg, uscì dall’incontro con loro e assicurò che ci avrebbe messo una buona parola. “Jeremy mi guardò un po’ di traverso e mi chiese ‘sei un prete?’. Io lo guardai e gli chiesi ‘sei un artista?’ ci piacemmo immediatamente” raccontò.
Jeremy venne assunto come consulente alla Rockstar Games, la casa di produzione di Grand Theft Auto, per intenderci, dove aveva già lavorato circa 10 anni prima. Era molto impegnato a preparare la sua prossima esposizione che era prevista per Ottobre al Corcoran Gallery of Art di Washington: “Wild Choir: Cinematic Portraits by Jeremy Blake” che sarà esposta fino al Marzo successivo. Ma lui e Theresa avevano bisogno di soldi. “Deve essergli sembrato un gran passo indietro ritornare a lavorare alla Rockstar Games – ha detto Ed  Shearmur – deve aver avuto bisogno di un gran coraggio. La mostra era alle porte e già aveva oltrepassato la data prevista per l’apertura”.
Theresa in “Tucky” mode, cominciò a decorare l’appartamento, occupandosi di progetti d’arredo come piazzare tegole italiane in tutta la cucina. Cominciò ad acquistare degli oggetti curiosi, come uno strano piccolo cucù argentato; sembrava allegra, rientrava a casa sempre con dei fiori. “Sembrava una casalinga felice” disse Morales.

Theresa Duncan Video. from M.Duncan on Vimeo.

SOLI CONTRO IL MONDO
Bevevano sempre più spesso, Jeremy si portava persino la fiaschetta di whisky al lavoro. Lei beveva champagne dalla bottiglia. Ce n’era sempre una nel loro frigorifero. Cominciava a vedersi sui loro visi, sembravano stanchi, sfatti. Lei sembrava frustrata dallo stagnare del suo progetto cinematografico, di cui continuava a discutere telefonicamente con dei contatti a Hollywood. Intanto, raccontavano a tutti di quanto l’imminente mostra di Jeremy l’avrebbe rilanciato a livello artistico. “Era fiera ed orgogliosa di lui” disse il suo amico Blake Robin. 
“Lei lo sosteneva totalmente, non avevano nessuna rivalità”. Allo stesso tempo, Theresa cominciò a temere di cadere nell’oblio. Una sera invitarono degli amici nell’appartamento accanto alla chiesa – lei e Jeremy non smisero mai di organizzare serate d’alto livello – Theresa tirò fuori da un cassetto un CD-ROM, una copia del suo film The History of Glamour. Tutti si guardavano e avevano un’espressione interrogativa del tipo “oh no, cosa diavolo sta facendo?” raccontarono alcuni dei presenti. Probabilmente era l’assoluta distanza di Padre Morales dallo star system hollywoodiano a calamitare la coppia verso il pastore. O forse la sua padronanza di argomenti che li interessavano, considerati dagli altri un po’ bizzarri. “Il governo degli Stati Uniti ha invaso l’Iraq giustificandosi con delle bugie e ci sono ancora delle persone che negano l’esistenza di complotti” diceva Morales. In Maggio Theresa pubblicò sul suo blog una lunga conversazione con il sacerdote su argomenti come il controllo delle menti ed il programma di sorveglianza instaurato dalla CIA dagli anni ’50 agli anni ’70. Annunciò sempre sul suo blog, appena due giorni prima della sua morte, di stare scrivendo un articolo intitolato “Il Diavolo e Dick Cheney – indagine metafisica” dove, spiegò Morales, si raccontava che “Cheney poteva essere Satana in persona”. Spesso Morales faceva un drink in loro compagnia, prima che la sera li portasse in posti alla moda come il Bowery Hotel, il Beatrice Inn, o il Bungalow 8 di cui il proprietario, Amy Sacco, era un vecchio amico dei due. Il prete ricorda di una volta in cui, al Beatrice Inn, Theresa, circondata da amici molto fashion,  lo spronò a raccontare dell’operazione Garden Plot – un piano segreto dell’esercito americano in risposta a quelle che definivano “interferenze civili domestiche” – che Morales individuava come parte integrante della guerra militare contro il dissenso, la protesta pubblica. Ma in quel contesto, in un night club con la musica ad altissimo volume, sembrò fuori luogo allo stesso Morales. Da parte sua, Morales disse che trovava gradevole la compagnia della coppia perché erano “strepitosamente brillanti e divertenti. Jeremy faceva delle imitazioni da sbellicarsi. Una volta recitò un lungo passo del Macbeth con la voce di Tony Soprano”. Si scambiavano musica e libri, Theresa cominciò a leggere la Bibbia. Lei e Jeremy cominciarono a partecipare alla funzione domenicale nella chiesa di St. Mark, nonostante lei fosse stata cresciuta con un’educazione cattolica, lui ebrea.
Morales disse di essere al corrente che avevano avuto qualche problema a Los Angeles, ma di non aver mai approfondito la cosa. Sapeva solo e vagamente che credevano di essere stati nelle mire di Scientology e che ne erano spaventati. “Qui siete al sicuro” aveva  detto loro. 
“Theresa a volte si sentiva osservata: ‘guarda – diceva – quei tizi in quella macchina ci stanno guardando’. Io non avevo nessuno strumento per sapere se fosse vero o no. Il mio istinto in casi del genere è sempre lo stesso: andiamo a fondo”. Morales propose di contattare un suo amico, Alex Jones, che conduceva un programma radiofonico specializzato in segreti governativi e casi di cospirazione, per fare una puntata su Scientology. A Jeremy l’idea piacque. In Gennaio aveva inviato una e-mail a qualcuno presentando Jones come un “colorito populista texano con una grossa credibilità”. Fu attraverso lo show di Jones che entrò in contatto con il Movimento per la verità sull’11 Settembre e le sue interrogazioni sulla sedicente versione ufficiale del governo americano. Fece un importante campagna via mail anche su questo. Era diventato un frequentatore quasi regolare dei sabato sera sulla verità dell’11 Settembre che si tenevano nella chiesa di St. Mark, sovrintesi da Morales. Morales raccontò che spesso diceva di voler creare dell’arte a proposito dell’11 Settembre.“Non sono un fanatico di cospirazioni – disse Chris Burke, un amico di Theresa e Jeremy – ma riesco a cogliere l’interesse di alcune delle domande  e dei dubbi che gravitano intorno a quell’episodio. Poi però mi accorsi che Jeremy stava andando oltre, in un altro terreno, dove non era completamente razionale”. Morales disse di essere molto sorpreso quando Jeremy gli raccontò di aver comprato una pistola, durante un suo periodo di assenza. “Non mi piaceva avere delle armi intorno a me. Jeremy cominciava a vedersi come un guerriero, una specie di cowboy dell’autodifesa”.

                               Jeremy Blake per Paul Thomas Anderson, Punch-Drunk Love (2002)

IL PUNTO CRITICO
Avvenne che a tarda primavera un’amica psichiatra di Jeremy gli disse che a suo parere aveva bisogno di aiuto, che pensava che stesse diventando maniacale. Eppure, vedendolo nel filmato di un’intervista rilasciata ad Aprile nella canonica al canale inglese ITV – uno special su Malcolm McLaren – appare stabile e sereno, mentre mostra orgogliosamente delle bozze del ritratto di McLaren su cui stava lavorando, Glitterbest.In sottofondo si può sentire Theresa che chiacchiera con Morales in cucina. Ad un certo punto i tecnici chiesero a Jeremy di farle fare silenzio. “Stai zitto tu” rispose con molto garbo. Anche lei sembrava più felice e aveva iniziato una seconda stesura di Alice Underground. 
Era eccitata all’idea di riprendere la scrittura con Jeremy dell’adattamento della novella di Pelecanos originariamente affidatagli da Brad Schlei. I diritti d’opzione di Schlei erano scaduti quindi ora Jeremy poteva contattare direttamente l’autore per mettersi d’accordo sulla sceneggiatura e conservare il suo ruolo da regista. Theresa stava anche organizzando una raccolta di fondi del 4 Luglio per restaurante la facciata della chiesa di St. Mark, ormai decadente. “Era una sua iniziativa e si prestava instancabilmente alla sua realizzazione” riporta Morales. Una settimana prima dell’evento tuttavia Theresa riprese a comportarsi stranamente, inviando mail stizzite ad un’amica che l’aveva aiutata ad organizzare la festa. L’amica, preoccupata, mostrò questo scambio di messaggi a Morales. “Era solo una sciocca discussione su quanto ricarico gravare sulla birra – disse – cercai tenermene fuori”. 
Disse successivamente che se era stato evasivo al riguardo fu solo perché nelle loro ultime settimane di vita la coppia dava l’impressione di evitarlo. Disse di aver visto spesso Theresa rientrare a casa e fare il giro della chiesa piuttosto di attraversare il giardino e rischiare d’incontrarlo o di farsi vedere da lui. Stranamente, i due non parteciparono alla serata della raccolta fondi, un gran successo, tra l’altro, con ben 12.000 dollari racimolati, abbastanza per rimettere in sesto l’entrata della chiesa. Morales s’interrogò sul fatto che se Theresa l’evitava poteva essere dovuto ad una conversazione intercorsa tra loro solo qualche notte prima, nella quale Theresa era apparsa molto vulnerabile”. Era una sera in cui Jeremy lavorava ancora alla Rockstar e Theresa aspettava che rientrasse a casa. Aveva comprato un libro al figlio di nove anni di Morales, il pericoloso libro per ragazzi, ed era salito al piano di sopra per ringraziarla (Morales disse che Jeremy fu molto sorpreso dall’accaduto: “Le ha comprato un libro? Oh, bene!”). 
“Cominciammo a parlare di bambini” racconta Morales. “Sai, a volte penso a come dev’essere avere un figlio. Forse un giorno ne avrò uno” – “E io risposi qualcosa come ‘sarai una mamma perfetta, sei giovane, hai tutto il tempo’. Lei pianse”. “Mi chiamò qualche giorno prima di morire” disse il suo amico Raymond Doherty. “Sembrava molto indifesa e la cosa mi sconcertò. C’era qualcosa nella sua voce che mi faceva interrogare su cosa stesse succedendo”.


PRIMO AMORE, ULTIMA FUNZIONE
La notte prima del suo suicidio, il 9 Luglio, Theresa, Jeremy, George Pelecanos e il produttore Cary Woods si erano incontrati in un ristorante di Washington , nei pressi della casa di Pelecanos. Fu un incontro molto costruttivo, concluso con grandi strette di mano. All’autore piacquero le idee di Jeremy e Theresa e Woods era disposto a produrre Nick’s Trip (anche se non aveva prodotto grandi cose negli ultimi anni, Woods era pur sempre un nome nel panorama delle produzioni indipendenti e la coppia aveva molta fiducia in lui). Pelecanos, che prima di allora aveva incontrato Jeremy e Theresa una sola volta li descrisse così: “Potevi vedere quanto fossero strettamente legati l’uno all’altra, come quando si è all’inizio di una storia d’amore e non si ha mai abbastanza l’uno dell’altra. L’ultima immagine che ne ho sono loro due che attraversano la strada mano nella mano”.
Il pomeriggio successivo, il 10 Luglio, tornati a New York, Jeremy rincasò intorno alle tre per pranzare con Theresa, come faceva spesso. Nessuno sembra sapere se andarono in un ristorante o se rimasero a casa e soprattutto cosa sia successo. Di cosa hanno parlato? Nessuno in dodici anni di relazione li aveva mai visti anche solo discutere. Come si sono potuti dire addio?O forse hanno solo mangiato e chiacchierato, ignari di ciò che stava per succedere? Appena qualche giorno prima Theresa aveva postato sul suo blog questa citazione di Franz Kafka: “Quando sei di fronte a me e mi guardi cosa sai delle mie pene e cosa so io delle tue?”. Intorno alle sette di sera, Jeremy rientrò dal lavoro. Passando dal giardino, vide Morales e lo invitò a salire. Morales disse che li avrebbe raggiunti di lì a poco.
Poi, racconta Morales, dopo circa dieci minuti, notò numerose auto della polizia fuori dall’entrata della sacrestia, nell’undicesima strada est. Corse nell’appartamento dove trovò Jeremy nel soggiorno che, tra lacrime e grida prendeva a pugni i muri “Maledizione! Non può essere vero!”.Alcuni poliziotti erano nella camera da letto dove giaceva il corpo di Theresa. Jeremy non osò mai rientrarci. L’aveva trovata sul letto, con un viso quasi sorridente. Aveva una mano sulla guancia, in un espressione pensosa come se avesse ancora qualcosa da dire.
Arrivarono degli investigatori e cominciarono a fare domande a Jeremy sul conto di Theresa. Era depressa? Stressata? Gli chiesero. “Non più del solito” rispose un Jeremy sconsolato, scrollando la testa. Avevate litigato? “No”. Morales chiese di essere lasciato solo nella stanza per impartire l’estrema unzione a Theresa. Era stata deposta sul pavimento dagli agenti della scientifica che ne esaminarono il corpo. Si inginocchiò e recitò le sue preghiere. “Non mi sembrava possibile, era così assurdo”. Jeremy aspettò per lunghe ore che dall’obitorio venissero a prendere il corpo di Theresa. Non voleva avvicinarsi alla stanza da letto e restava seduto apparentemente privo di emozioni, chiuso in sé stesso. Era rimasto un solo poliziotto davanti alla porta della camera. Infine, verso le 23, arrivarono per portarla via. 
La causa ufficiale della sua morte fu suicidio da intossicazione acuta dovuta agli effetti combinati di difenidramina, un componente del Benadryl, e alcool. Il medico legale non rilasciò nessuna dichiarazione sulla presenza  o meno di altre droghe nel suo organismo. Morales scese con l’uomo che trasportava il corpo di Theresa in un sacco nero fino all’ambulanza, Jeremy, non voleva, o forse, non poteva. Quando Morales rientrò Jeremy era ancora nel soggiorno. “Ti prego, non lasciarmi da solo” disse. Lui e il sacerdote si sedettero al buio, a bere del whisky, per circa un’ora, senza dire una parola. Jeremy si teneva la testa tra le mani, lo sguardo basso. Il cucù che Theresa aveva comprato appena trasferitisi nell’appartamento cominciò a cantare, dodici volte.“Beh, questo dice tutto” intendendo che tutto era così incredibile. Jeremy levò lo sguardo. “Dici bene, amico”.
Altri amici arrivarono e restarono con lui fino ad accompagnarlo a letto. Si rifiutò di cambiare le lenzuola. “In piena notte sua madre chiamò, ma non riuscii a svegliarlo – disse Morales – provai a scuoterlo ma niente, era come se non ne volesse più sapere”.



IN MEMORIAM
“Cari tutti” recita l’e-mail che Jeremy ha inviato ad alcune persone, inclusi il suo gallerista ed il suo curatore, la mattina del 12 Luglio. Nelle poche righe si dice mortificato di doverli mettere al corrente del fatto di aver “subito una terribile ed inaspettata tragedia personale nella settimana in corso”, raccontando a tutti che Theresa era “volata via”. Jeremy raccontò che la sua donna non era una persona che scendeva a  compromessi e che aveva la netta sensazione che avesse deciso consapevolmente di mettere fine ai suoi giorni. 
Disse che così facendo aveva mostrato la stessa forza dimostrata durante tutta la sua vita.
Chiese agli amici di ricordare a chiunque avessero raccontato della sua morte che era stata una persona “meravigliosa, generosa e che aveva vissuto secondo un suo codice personale”, che non spargessero altra tristezza nel mondo ma che mostrassero rispetto per una persona che li aveva così tanto amati. 
Poi espresse il desiderio di voler continuare il suo lavoro sull’imminente mostra, “non appena mi sarò ripreso”.


IL LUNGO ADDIO
Ma non si riprese.
Errò per una settimana in uno stato di totale distacco dalla realtà, come sulle nuvole. Organizzò una cena con la sua famiglia e quella di Theresa, che lo raggiunsero a New York. Non ebbe nulla da ridire quando Mary Duncan, la madre di Theresa, volle riprendersi il corpo della figlia con sé e seppellirlo a Lapeer. Theresa stessa una volta aveva espresso la volontà di essere tumulata laggiù, accanto alla nonna.Riceveva il conforto degli amici nel giardino di St. Mark, dove stava seduto per ore in compagnia del loro cane. “Parlava dell’intransigenza di Theresa” disse il direttore artistico Richard Pandiscio. “Raccontava di quanto fosse inevitabile che i sui lavori per il resto della sua vita sarebbero stati su Theresa. Mi regalò una foto di lei. Me la infilò in una tasca ‘tienila tu per me’ mi disse”. 
La sua amica psichiatra sosteneva che Jeremy fosse esposto ad un gran rischio di suicidio. Un gruppo di amici si organizzò immediatamente per tenerlo d’occhio 24 ore al giorno: Mike Fellows, Ian Svenonious, Guy Picciotto – tutti vecchi amici della scena punk di Washington – oltreché Morales e alcuni altri. Una sera alcuni erano nella canonica a tenergli compagnia e qualcuno chiese a Morales di raccontare le sue teorie sull’11 Settembre. Jeremy si risvegliò dalla sua espressione imbronciata e stralunata e, puntando un dito, declamò : “Non voglio sentire più parlare di questo, siamo intesi?” – “Va bene, non ne parleremo affatto” disse Morales.Jeremy sembrava essersi messo in una posizione di recupero rispetto agli errori che sentiva di aver commesso nei confronti di alcune persone. “Credo che in certi  frangenti avremmo potuto comportarci diversamente” disse ad un amico.Ed Shearmur testimoniò che quando lo chiamò per dargli le condoglianze due giorni dopo la morte di Theresa, Jeremy sembrava dispiaciuto che i loro rapporti si fossero incrinati. “Tutte quelle cose senza senso – disse – voglio soltanto metterle da parte” – “Noi ti vogliamo bene” gli rispose Ed.E sembrava anche cominciare ad interrogarsi sul perché Theresa avesse compiuto un tale gesto che lo aveva colto così alla sprovvista.“Ci sono – disse improvvisamente una sera alzando gli occhi al cielo – lei ha vinto”. Appena più tardi disse di dover prendere una decisione. 
Ma non precisò a che proposito. Il 17 Luglio, tre giorni prima del viaggio previsto a Detroit con Fellows, Doherty e Morales per assistere al funerale di Theresa, Jeremy decise di tornare al lavoro, sostenendo di stare meglio.
Non fece mai rientro a casa. Disse di voler incontrare un amico che abita a Park Slope, un sound-designer col quale aveva collaborato nel voice-over di Glitterbest. “In ogni caso vengo verso Brooklyn” gli disse. Ma non ci arrivò mai. Dopo aver lasciato gli uffici, nella bassa Broadway, prese un treno nella direzione opposta, verso Rockaway Beach che, per la cronaca, era anche il luogo natale di sua madre.
Verso le otto di sera una voce femminile informò il 911 di aver visto un uomo nudo immergersi in mare da quelle parti. 
L’ultimo di una serie di gesti eroici fatti per la sua adorata Theresa.


Vanity Fair USA, gennaio 2008 (L'articolo originale)
Articolo: Nancy Jo Sales
Traduzione: Carlo Ligas

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