venerdì 12 ottobre 2012

Il sole, le stelle, il mare, le donne, tutto ciò non esiste, e questo non può essere. Le memorie di Dino Risi


Mi allontano di corsa, sei fotografi mi inseguono, tiro fuori la pistola, li faccio secchi, entro in una casa dove c’è una famiglia a tavola, mi siedo, dico cosa c’è di buono. «C’è solo pasta e fagioli» dice una signora. «E' la mia passione» rispondo. «Se permettete, prima vado a lavarmi le mani.» Davanti allo specchio mi guardo e dico: «Il cinema è una gabbia di matti, ma chi me l’ha fatto fare. Se non fosse che si scopa, me ne tornerei ad allevare conigli». (Sogno)
                                                                                                                                                

Quando ero ragazzo l’idea di arrivare all’anno duemila mi sembrava un’ipotesi fantascientifica. Invece, piano piano, ce l’ho fatta. Adesso che, con sempre meno agilità, ho scavalcato l’anno 2004, confesso che un po’ mi vergogno. Quasi tutti i miei amici, anche più giovani di me, se ne sono andati. Che ci sto a fare io qui? Ogni tanto mi danno un premio di sopravvivenza. E gli indiani, appostati sulle colline, lanciano una freccia. Mirano al cuore, al cervello, ai muscoli, all’occhio, all’orecchio. Quasi sempre mancano il bersaglio pieno, ma un po’ di danno lo fanno, anche se non sono più i tempi di Toro Seduto e pure a loro gli trema la mano. 
La mia memoria ancora tiene, come dicono queste pagine. Ma il mio futuro è dietro le spalle. Sto chiuso nelle mie due stanze e cucina, batto a macchina su una Olivetti Studio 46. Ogni tanto il telefono suona, c’è ancora qualcuno che mi vuol bene, diciamo sei o sette, non più di dieci. Sono in un fortino assediato. Là fuori rumoreggiano impazienti le nuove generazioni, armate di computer, fax, e-mail, palm, macchine digitali, SMS, parlano lingue che non capisco, io mi rifugio nella lettura di un libro, ho amici che non tradiscono, Cechov, Tolstoj, John Fante, Carver, Bukowski, Tobino e tanti altri. Ogni tanto infilo una cassetta e mi rivedo Luci della città, Ombre rosse, Il bandito della Casbah, L’angelo azzurro, Shining, Otto e mezzo del grande Fellini, La Grande guerra del mio caro amico Monicelli, La febbre dell’oro, La finestra sul cortile. 
La morte non mi fa paura, non mi ha mai fatto paura, non vedo l’ora che arrivi, solo mi dà noia la durata del viaggio prima che io torni a vivere, perché questo è sicuro, altrimenti vuol dire che il sole, le stelle, il mare, il vino, le donne, tutto ciò non esiste, e questo non può essere.


tratto da "I miei mostri", di Dino Risi, ed. Mondadori 2004

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