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sabato 26 settembre 2009

Non ma fille, tu n'iras pas danser (Making Plans For Lena) diChristophe Honoré (2009)

Forse è vero. Forse è vero che l'amore ed il bene sono l'ascissa e l'ordinata dello stesso piano cartesiano. E di conseguenza essi implicano, per natura, le loro stesse tendenze all'infinito, positive e negative. E' quindi algebricamente possibile che ad elevati valori di uno ne corrispondano di infruttuosi nell'altro, vale a dire che un eccesso di amore, benché miri al bene, in assoluto può nuocere. Questa almeno sembra essere la tesi proposta da Christophe Honoré in questa commedia delicata e dispersiva. Lena (una Chiara Mastroianni sulla cui bellezza, ipocritamente, sorvolerò, assolutamente trasparente e vera, in piena maturità artistica) è una madre poco lontana dalla nevrastenia, fresca di divorzio, che raggiunge la sua famiglia nella campagna francese, in piena estate, meravigliosa girandola di tinte tenui, messa in risalto con discrezione ed efficacia dalle luci in opera. Qui, e non soltanto qui, comincia a scoprire la trafila di piccoli espedienti ed escamotages messi in atto da tutti i suoi cari per assecondarle una vita a loro (e per sua stessa ammissione) anche a suo avviso non perfettamente lineare. In questi pochi giorni bucolici si definiscono gli incroci che compongono la scarna trama, con angolazioni ben mirate sulle vite dei familiari di Lena: una splendida coppia di genitori (elevata interpretazioni di entrambi, Marie-Christine Barrault e Fred Ulysse), una sorella non meno in preda ad improvvisi rigurgiti di malumore (Marina Foïs, brava, molto brava) ed un fratello, Julien Honoré, sul quale il regista (suo fratello nella vita?) ha disegnato delle note di ironia ingenua, un personaggio integralmente votato alla pace d'animo ed alla serenità disincantata, forse per questo invidiato dalle sorelle al punto di lamentarsene, consigliandogli testualmente: "Sois négatif, de temps en temps!!".
Molto piacevole anche se più defilata l'interpretazione di Marcial Di Fonzo Bo, marito frustrato e frustrante di Frédérique, che si cala agilmente nel ruolo di un uomo a disagio come un porta-ombrelli sistematicamente scambiato per una pattumiera. Ma dove veramente chi ha curato il cast ha indovinato, è senz'ombra di dubbio nel ruolo di Nigel, marito (ex) di Lena, Jean-Marc Barr, millimetrico nel dosare i sentimenti espressi, propri di un uomo sicuro, un capitano che naviga senza timori in acque agitate che non lo spaventano affatto. Lena si troverà quindi a respingere quest'onda di cure amorevoli profuse dal suo entourage, reagendo spesso con indispettito infantilismo a quelle che ritiene essere invadenti dimostrazioni d'affetto. La trama resta però scucita, anche quando gli scenari ritornano in città, dove Lena riprende a frequentare un ragazzo più giovane (un Louis Garrel quasi caricaturale, ritagliato da una rivista per teenagers degli anni '90) più per disperazione che per vero trasporto, senza riuscire mai a riprendere in mano le redini della sua vita. Da sottolineare un'inspiegabile digressione di una decina di minuti, in pieno cuore del film, sulla rappresentazione in costume di una favola, con tanto di ballerini e suonatori bretoni, architettura già messa in atto dal regista in opere precedenti, assolutamente incomprensibile, appiccicata malissimo sul ritmo già zoppicante del film. Il titolo internazionale è Making plans for Lena, tratto da "Making plans for Nigel" degli XTC di Andy Partridge, canzone che Nigel fa sentire ai figli in un vecchio giradischi gracchiante.
Voto: 6
Carlo Ligas 

martedì 2 giugno 2009

RACCONTO DI NATALE (Un Conte De Noel) di ARNAUD DESPLECHIN - 2008


Il cinema bello, pulito, pacato è un inganno. Piacevole ma bugiardo. Il cinema di Arnaud Desplachin è invece un assedio, frontale e subdolo, alle spalle, ma spudorato. Pensi di guardare solo un film e invece ovunque ti volti ti devi arrendere lentamente all'Arte. Frammenti di letteratura, filosofia, musica colta e hip-hop, citazioni poetiche, scheggie di teatro e funzionali omaggi ai maestri. Un assalto organico, una sceneggiatura che si fa film e prosa nel momento stesso che si srotola sullo schermo. Senza perdere un millimetro di magia. Desplechin è il nipotino talentuoso di Truffaut, Bergman e Resnais. Soprattutto di Truffaut, dal quale assimila una maniera di girare così classica ma al contempo rivoluzionaria, la liscia fusione di generi: commedia e dramma che producono un'agra deriva imprevedibile. La trama, come da titolo, racconta di un Natale. Abel e Junon Vuillard riuniscono tutta la famiglia nella loro casa a Roubaix. La figlia maggiore, Elizabeth, madre di un adolescente problematico, da anni ha troncato ogni rapporto con l’inaffidabile fratello Henri, mentre il terzo fratello, Ivan, è sposato e padre di due bambini. Uno di loro potrebbe salvare la vita a Junon, affetta da una grave forma di leucemia che solo un trapianto di midollo è in grado di guarire. Attori straordinari e un fuoriclasse scapigliato come Mathieu Almaric, l'Henri che innerva questo canto di Natale di una famiglia alto-borghese come una variabile impazzita, un malinconico buffone a corte; un personaggio così vivo che, come ne “La Rosa Purpurea Del Cairo”, squarcia la tela e balza (cade) su un marciapiede e sulla vita, certamente quasi mai perfetta, linda e serena.
"Più si sanguina, più si dà. Queste cose, i dettagli, le storie e quant'altro, sono la pelle di cui i serpenti si spogliano, lasciandola a chiunque da guardare."
Dissolvenza circle-out in chiusura, sulle parole di "A Midsummer Night's Dream", le ombre svaniscono.


voto: 9
Luca Tanchis