lunedì 3 agosto 2009

IL SEME DELLA DISCORDIA DI PAPPI CORSICATO - 2008

Questo film piacevolmente conferma che Pappi Corsicato è uno dei pochissimi registi italiani capace di creare un suo universo cinematografico. Come nei film precedenti (soprattutto “Chimera”) la sua Shangri-La è una terra fatta di colori vivi, arredamenti e corredi pop e lounge, geometrie ordinate, riferimenti letterari, inquadrature quasi espressioniste, lampi di nonsense, coreografie musicali e colonna sonora (Morricone, Piccioni, Trovajoli) da applausi. Qui aggiunge una città ipermoderna e indefinibile, un altrove immaginario (nella realtà il Centro Direzionale di Napoli, progettato dall’architetto giapponese Kenzo Tange) e una trama molto più accessibile rispetto a quel capolavoro che fu “Chimera”. Le strade e le case di marzapane di questo mondo surreale e onirico fanno risaltare per contrasto la fisicità degli attori (una Caterina Murino di una bellezza straordinaria), la carnalità degli sguardi (si veda la scena dei fondali trasparenti sulla spiaggia che riassume tutto un rapporto in tre inquadrature) e coinvolgono senza spigolature il gioco delle ironiche citazioni. Nei titoli di testa si richiama il Truffaut de “L’uomo che amava le donne”, si intravede il De Palma di “Omicidio a luci rosse” in alcune ambientazioni, e, quando Veronica si vendica con tuta da ginnastica e pala al posto della katana, si pensa al Tarantino di Kill Bill,  nella chiusura al centro commerciale è impossibile non notare lo stesso finale di “Eyes wide shut”. Il cinema di Corsicato è sempre una meravigliosa sorpresa panoramica, vive benissimo senza quei grandi argomenti che nel cinema italiano sono sovente un nascondiglio per giustificare film dozzinali e privi di cinema, realizzati da registi terrazzieri (Ozpetek, la Comencini, l’ultimo Benigni). Eppure il personaggio di Martina Stella è un intelligente sommario su tutta quella gioventù che gravita attorno alla televisione, e quello di Alessandro Gassman tratteggia con sarcasmo (è un venditore di fertilizzanti, ma è sterile) lo smarrimento del maschio italico. Il regista napoletano ammaestra con grande stile ed eleganza un microcosmo posticcio che sembra più genuino di quello reale, come i fondali dipinti per la scenografia di “Irma la dolce” erano più Parigi di Parigi, e con Veronica, dopo “Libera”,  “I Buchi Neri” e “Chimera”, ci regala un altro grande ritratto femminile.

Voto: 7,5

Luca Tanchis

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