È tragicamente difficile uscire da alcuni film.
James Gray è l'eleganza fatta pudore e te ne accorgi quasi subito, nel momento in cui il suo magnifico sguardo indugia impressionista sulle cose semplici della vita, appena la cinepresa stringe sulle pietanze del pranzo di famiglia all'inizio del film.
Sull'anima, quando, dopo il pranzo, Leonard (un Joaquin Phoenix lacerato, svagato, inadeguato: bravissimo) spiega a Sandra (Vinessa Shaw, perfetta nella parte della bella addormentante) perchè le sue foto in bianco e nero non comprendano che cose inanimate.
E, più avanti, sui sentimenti, mentre Leonard scrive invisibilmente I LOVE YOU con la punta del suo dito sul braccio di Michelle (Gwyneth Paltrow sensuale, viziosa, decadente e irraggiungibile).
D'altronde quello di Gray è lo stesso pudore del silenzio di un acquario. I movimenti di macchina e degli attori sono rarefatti e privi di gravità, come esseri marini in cattività sotto l'occhio di una luce al neon indifferente che illumina e mostra.
Tutto sembra svolgersi in apnea, il film inizia con Leonard che esce dall'acqua dopo un disgraziato tentativo di suicidio, e finisce con Phoenix che cerca di ricomporre i cocci della sua vita raccogliendo un anello sulla riva della baia di Brooklyn. Nel mezzo gli incontri furtivi sulla terrazza, come in un grande aquarium avvolto nella luce plumbea di un inverno newyorkese, dove la pelle di Michelle e Leonard non aderisce mai completamente: i baci di Michelle sono in contumacia, quelli di Leonard già rassegnati.
Un luogo spirituale sull'impossibilità di questo amore e magica visione partorita nel regista statunitense sia dalla lettura de "Le Notti Bianche" di Dostojevskij, che dall'omaggio all'omonimo film di Visconti.
Gray indaga sulla polarità dell'amore rimanendo ancorato al quotidiano, al trambusto di esperienze minime. Come nei film precedenti, pur scrutando altre tematiche (la famiglia, il denaro, il successo, le tradizioni), ma sempre occultando tutta la prosopopea hollywoodiana e suggerendo un senso più intimo e vero di fare cinema.
Un cinema complessivo ("Little Odessa", "The Yard", "I Padroni Della Notte") come un concept album musicale, dove il film successivo delinea e focalizza aspetti del precedente mostrandoti la grana sempre più fina di un talento così grande. "Il piacere è silenzioso, proprio come lo è lo stato di felicità", come dice Michel Houellebecq in "La possibilità di un'isola".
Lasciatemi qui ancora un istante.