A proposito di integrazione razziale e di pessimismo imperante da crisi: guardatevi questo film. Jonathan Demme da prova del suo talento cangiante usando la cinepresa come i "dogmatici" e scrivendo un film circolare e perifericamente altmaniano. Al centro del racconto la solitudine di una donna, ragazza interrotta dall'incomunicabilità e dalla droga (ho trovato stimolante la comunella su questa aritmia tra tre film americani usciti nello stesso periodo: Changeling di Clint Eastwood, Rachel Getting Married e Il Matrimonio Di Mia Sorella di Noah Baumbach) e la musica che salva sempre l'anima (guardare la splendida sequenza del banchetto nuziale a suon di ritmi caraibici e il cameo di Robyn Hitchcock che canta la bella "America"). A pelle ho sentito la stupenda sensazione di essere presi per mano da Demme e di esserne trascinato dentro senza pressioni. Dopo un inizio classico, da commedia a stelle e strisce, la disfunzione di una frenata quasi documentaristica che dilata i tempi e i pori descrittivi dei personaggi per poi ripartire che siamo già fregati, completamente immersi nei dolori e nella musica. Una storia che finalmente dice speranza (come il bel film di Mike Leigh, "Happy Go Lucky"), dopo tonnellate di cinema sullo sconforto. Attori bravissimi e molti musicisti tra cui lo sposo, Tunde Adebimpe, nella realtà cantante del gruppo "Tv On The Radio". Ciò permette una meravigliosa e naturale fusione tra immagine e musica in presa diretta, senza intaccare la credibilità della trama e celebrando un altro matrimonio, funzionale come poche volte si è visto nel cinema.
Luca Tanchis