mercoledì 16 maggio 2012

Mid Air, di Paul Buchanan - L'epitaffio della malinconica grazia dei Blue Nile


Parlando con Graeme Thomson nel 2006, Paul Buchanan ha espresso la sua idea sul miracolo quotidiano della musica: "Essere in grado di ascoltare la musica e poter parlare agli altri attraverso la musica è come essere in grado di camminare a mezz'aria. Mi rattrista che la musica sia stata trasformata in un prodotto low-cost, dentro un supermercato. È come se il miracolo sia stato trasformato in un brand. Sono molto amareggiato." "Ogni disco deve essere confrontato con il silenzio - il silenzio è perfetto, cosa ci puoi aggiungere?". 
Nel suo primo disco in otto anni, il primo disco solista della sua carriera – senza considerare che i Blue Nile fossero effettivamente diventati un progetto solista verso la metà degli anni ‘90 - Buchanan spinge la canzone pop al limite di quel silenzio perfetto. 
Mid Air è una raccolta di 13 ballate e uno strumentale, registrate alle 3:30 a.m. dell'anima, nella cella della ‘tower of song’, pochi piani sopra dove Leonard Cohen sta eternamente registrando ‘Songs From A Room’, Sinatra sta componendo “Where Are you?” e Tom Waits sta lavorando su “Small Change”.
Nasce appena sopra il mormorio e il respiro, sul rumore del treno della notte, del gong dell'orologio cittadino, sulla sirena del porto. Scontato dire che sia magnifico. Anche i fans più devoti hanno dovuto ammettere che “Peace At Last” (1996) e High (2004) avevano dei difetti, delle lungaggini.
Ma questo è un disco quasi perfetto, che nella sua grande modestia Buchanan definisce come "record-ette", e assomiglia ai loro immacolati albums degli anni ’80: “A Walk Across The Rooftops” e “Hats”. Non è una partenza da zero, un nuovo stile o genere, ma è più simile a un perfezionamento e all’elaborazione di possibilità latenti nella musica precedente. 
In un certo senso, Mid Air rivisita la ricca sorgente di "Easter Parade", brano di ‘Rooftops’, e ne esplora lo spazio musicale ed emotivo, come se si trattasse di un nuovo oceano in cui avventurarsi.
"Easter Parade", infatti, è sempre stata percepita come la prima nel progetto di una ideale torch song da inseguire, che Buchanan porta avanti nel corso degli anni, attraverso il primo classico B-side "Regret" ("it’s 3:30 and i’m thinking of you…")," From A Night Train" da ‘Hats’ e “Family Life” da ‘Peace At Least’. Mid Air raduna 14 variazioni enigmatiche su questo mood, solo pianoforte, voce, qualche pallido raggio lunare di orchestrazione, che miracolosamente non è mai monotono o noioso. 
Ciò è dovuto in parte alla brevità delle canzoni (nessuna dura più di tre minuti) e all’essenzialità dei testi ‘neon-haiku’ di Buchanan. 
La lista della title track, "the buttons on your collar, the colour of your hair", è quella degli ingredienti di un incantesimo per evocare la presenza di qualcuno, mentre " Wedding Party" è una manciata di istantanee: “tears in the car park”, “a long walk in the wrong dress" “i was drunk when i danced with the bride”. 
Sembrano vite rapprese nella disillusione e nella sconfitta, ma questo spleen è anche l’irresistibile suggestione e fascino del canto di Buchanan.


Da un paese noto per la sua furia e la spavalderia (dal sublime - Billy Mackenzie - al ridicolo - Jim Kerr), Buchanan si rivela invece un’anima combattuta e sensibile che al massimo mormora "yeah..." chiudendo la canzone finale, "After Dark". 
C'è un eco consapevole della ‘tinsel town’ del suo debutto, e anche se è stato detto come l'album sia in parte l’elaborazione del lutto per la morte di un amico, non si può fare a meno di ascoltarlo anche come il canto di accomiato dalla sua vecchia band. 
Se avete letto la biografia di Allan Brown, "Nileism: The Strange Course of the Blue Nile", saprete già del modo inaspettato in cui la band, e prima ancora compagni di scuola e amici universitari, che sono cresciuti e vivono ancora nella stesso chilometro quadrato di Glasgow, si sia inspiegabilmente disunita. E sebbene voi preghiate che si riveli prematuro, la band non poteva sperare in un epitaffio migliore di Mid Air.


Due domande a Paul Buchanan

Stai inseguendo la canzone ideale in ‘Mid Air’? Ti ci stai avvicinando a questo proposito?

“Questa è una buona domanda. In parte sì, in parte no. "Easter Parade" ci è andata molto vicino. Ma la parte più rilassante di questo disco è che non è stato programmato, pensato a tavolino. Stai sempre a suonare gli stessi accordi e al contempo cercando comunque cose diverse. Ho riletto ‘Summer Of Love’ di George Martin (produttore definito come il "quinto Beatles" ndr) di recente, e sono ritornato ancora su quella citazione di Lennon, di come lui abbia scritto solo due canzoni vere e proprie, "Help!" e "Strawberry Fields Forever". Si può dissentire, ma si capisce che cosa intendesse dire.”

Pochi anni fa hai detto che aspiravi a scrivere canzoni ridicolmente ottimiste. Le stai salvando per il prossimo album?

"Very good! Le sto risparmiando per il prossimo album, yeah! Il nostro primo singolo, "I Love This Life", è stato il punto di partenza. Senza che suoni come l'Odissea, sarebbe bello poter concludere con lo stesso ottimismo ridicolo. L'unica differenza può essere che tu hai la purezza e forse la perdi per strada, ma ciò non significa che non puoi valutare l’esperienza e decidere di essere ottimista, nonostante tutte le prove contrarie. Non so se faremo un altro disco, ma sarebbe un buon posto dove andare. C'è un volontà di innocenza in Mid Air che è almeno in parte il cammino per recuperarla.”


(recensione e intervista a cura di Stephen Troussè, tratta da Uncut Magazine, June 2012)
Traduzione: Luca Tanchis

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