"Valzer Con Bashir", del semi esordiente regista israeliano Ari Folman, è un film/non-film (girato dal vero e disegnato sulla pellicola) meraviglioso, capace di coinvolgere e mettere a disagio utilizzando una tecnica che sembrava pigramente confinata ai cartoons e ai videogames. E’ la storia di un buco nero, di una protettiva e terribile memoria da riconquistare. Una catarsi che somiglia ad un lungo incubo. Folman stesso afferma di essere stato costretto ad utilizzare questa tecnica chiamata “Rotoshop” per mancanza di materiale originale, ma viene il sospetto che sia stata invece una scelta “millesimata” ai fini puramente artistici. Infatti nel gioco dei contrasti, vedere un bambino palestinese lanciare razzi e morire in un bucolico frutteto, disegnato con matite colorate, resta scolpito nella mente più dell’opulente fiumana di reali immagini belliche che invade il nostro quotidiano. Proprio come in “Apocalypse Now”, dove l'atto di surfare era l’elemento disturbante, che dirottava “normali” scene di battaglia in un trip psichedelico da non ripetere, l' orrore da scongiurare.
Il regista nato ad Haifa, con alle spalle solo una decina di spot pubblicitari per le forze armate israeliane e qualche documentario, segue la strada tracciata dal texano Richard Linklater in “A Scanner Darkly” e “Waking Life”, per regalarci un ibrido sia di tecnica (filmato e disegno) che di contenuti ( rigore documentale e dimensione onirica), ma pieno di poesia e impotenza. La storia è completamente autobiografica. L’Io narrante è lo stesso Ari Folman, che a quarant’anni si congeda dall’esercito israeliano e, vent'anni dopo l'eccidio di Sabra e Shatila del 1982 di cui fu testimone oculare come soldato, ritrova lentamente la memoria dell'accaduto.
Potere del vero artista, rende universale un'esperienza personale: " che la guerra è fatta di giovani soldati che non vanno da nessuna parte, sparano a degli sconosciuti, sono colpiti da sconosciuti e poi tornano a casa e provano a dimenticare. A volte ci riescono. Più spesso non ce la fanno". This is not a love song. Menzione a parte per le stupende musiche originali scritte da Max Richter che donano una disperata forza evocativa a tutta la pellicola.
Potere del vero artista, rende universale un'esperienza personale: " che la guerra è fatta di giovani soldati che non vanno da nessuna parte, sparano a degli sconosciuti, sono colpiti da sconosciuti e poi tornano a casa e provano a dimenticare. A volte ci riescono. Più spesso non ce la fanno". This is not a love song. Menzione a parte per le stupende musiche originali scritte da Max Richter che donano una disperata forza evocativa a tutta la pellicola.
Luca Tanchis
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