Il primo capitolo di Richet, "L'istinto di morte", dedicato alla vita del più famoso criminale francese Jaques Mesrine, mi aveva lasciato perplesso sia per una messa in scena oltremodo mimetica, vicina al docufilm, sia per una regia spoglia di guizzi visionari. Inoltre la recitazione di Vincent Cassel era eccessivamente misurata, come se l'attore francese avesse il terrore di strabordare il confine della macchietta come invece faceva allegramente Gerard Depardieu, in una delle sue peggiori comparsate, nei panni del gangster Guido. Forse è stata la natura stessa del biopic a richiedere tutta questa attenzione per la ricostruzione non agiografica dell'irrefrenabile gangster, ma sta di fatto che il primo capitolo poteva essere interpretato come un mezzo passo falso, privo di elettricità e profondità, o come una fin troppo calibrata e lunga rincorsa verso la seconda parte, "L'Ora Della Fuga". Era giustificata una preparazione così manieristica, quasi parodistica nelle scenografie e costumi, così trattenuta nello scavo dei personaggi, nei riguardi della parte finale della vita di Mesrine? È fin troppo evidente la costruzione di un dispositivo a scatto che rende la prima parte quasi solo accessoria.
A vedere la vitalità registica e interpretativa de "L'Ora della Fuga" pochi sono i dubbi che permangono; il capitolo finale è oltre due ore di grande cinema d'azione. Con un Cassel imprendibile sia per la police che dalle gabbie di una possibile empatia tra il pubblico e il suo personaggio. Vincent elude questo pericolo dando prova di una consumata arte del gesto, di una grande lucidità nei confronti del personaggio, e Richet lo evita invece, screditando con chirurgica precisione le velleità pseudo-politiche di Mesrine. Quella vanagloria con la quale il gangster voleva ammantare le sue reiterate efferatezze; vestirsi da Robin Hood per trasformare, con l'aiuto dei media, il suo carnevale magalomane e anfetaminico in qualcosa di necessario. Il miglior attore francese in attività (Mathieu Amalric) e l'attrice piu sexy (Ludivine Sagner), fanno da spalla a Cassel con perfetta misura dei toni e degli spazi e Richet, pur omaggiando il polar francese di Melville, Delon e Lino Ventura (soprattutto " Le Cercle Rouge"), rende tutta la seconda parte nervosa, aggressiva, che mai indugia in un'oasi di perfetta messa a fuoco, regalandoci un personaggio sfuggente anche dallo schermo e consegnandoci, dulcis in fundo, l'esecuzione di Mesrine in una scena ordita con una sapienza stilistica che lascia senza fiato. Mesrine ( che si pronuncia Mèrin, come ripete più volte Cassel) è un uomo evaso dal carcere tre volte, sfuggito a mille agguati e inseguimenti, ma che non riuscirà ad evitare la fuga dal suo mito, dalla sua volontà di potenza. Corre incontro al suo baratro con la consapevolezza dell'istinto tragico e con l'incoscienza e la solitudine dei folli.
L'istinto di morte - Voto: 6
L'ora della fuga - Voto:8
Luca Tanchis
Nessun commento:
Posta un commento